Antropologia di un attrito

Salvini&Meloni, così diversi così uguali? Parlano Campi e Panarari

Lessico, politica, variante territoriale. Le variabili dello scontro tra due leadership, all'ombra delle amministrative

Marianna Rizzini

"Salvini situazionista politico, Meloni cresciuta in una destra che rivedicava lo stare a destra. Alla fine si metteranno al tavolo delle trattative", dice Campi. "Competizione conflittuale, ma con comunicazione social sovrapposta", nota Panarari

Roma. Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Gemelli diversi? Antagonisti? Facce della stessa medaglia? E anche se i due, dopo la giornata nera del Copasir, ieri sera ostentavano distensione (“siamo più forti se evitiamo racconti su divisioni”, diceva lei, intervistata da Peter Gomez sul Nove. “Preoccupato dal sorpasso di FdI? E’  Letta che dovrebbe preoccuparsi”, diceva lui), la verità si nasconde sotto al crescendo polemico tra i due, divisi dalla collocazione opposizione-governo ma alleati sul territorio. Soprattutto, impantanati sulle amministrative (Roma in testa, dove ieri si è sfiorata la surrealtà sul nome del cosiddetto “professore dei like” Enrico Michetti, vicino a Meloni ma non gradito alla Lega e a una parte di FdI, preoccupata dall’effetto “Michetti chi?”). Intanto i due leader sembrano parlare lingue diverse. Dice tra il serio e il faceto Alessandro Campi, docente di Scienza Politica all’Università di Perugia e direttore della “Rivista di Politica: “A livello per così dire organico, Salvini appare come un maschio maschilista, Meloni come una donna abituata a frequentare un ambiente maschilista e a contrastarlo. Poi c’è quella che chiamerei la variabile territoriale. Tra i due milanesi Salvini e Berlusconi esiste una sintonia pre-politica assente in questo caso, essendo Meloni profondamente romana quanto profondamente ‘lumbard’ è il Dna della Lega, nonostante l’ambizione nazionale. D’altronde Fratelli d’Italia non potrebbe che essere radicata nella Capitale, città del pubblico impiego e della burocrazia”. Più su, a livello antropologico-politico, dice Campi, “Meloni è organicamente di destra, cresciuta nel giovanilismo post-missino, in un mondo che ha sempre rivendicato quella collocazione, e con forte inquadramento gerarchico, mentre Salvini è un ex movimentista che ha bazzicato anche la sinistra, un situazionista politico”. Quale sarà il punto d’arrivo? “Un accordo lo troveranno,  attraverso difficoltà apparentemente crescenti. Da quando Berlusconi si è inventato la formula dell’attuale centrodestra, d’altronde, abbiamo assistito a momenti di forte attrito tra questo e quel protagonista del momento, sempre ricomposto, infine, in vista del voto. Funziona così: se rompi perdi. Se poi si vuole guardare il fenomeno a livello di sociologia elettorale, c’è da dire che quel mondo si è amalgamato, e se è vero che in questo momento voti della Lega transitano verso FdI, si tratta di una circolarità dal basso, di consensi che si redistribuiscono secondo le contingenze. Anche la fuga parziale verso il M5s è già finita, e molti elettori sono tornati indietro”. Poi c’è la partita politica: “I due hanno le loro ambizioni, sono relativamente giovani”, dice Campi, “ma è anche vero che l’attrito permette di giocare due parti in commedia, all’interno di un’organicità di fondo. Quando sarà necessario, si siederanno al tavolo delle trattative”. Massimiliano Panarari, sociologo della Comunicazione all’Università Mercatorum a Roma ed editorialista della Stampa, vede nell’antagonismo tra i due il parossismo del gioco tra simili, “che a volte si attraggono e a volte si respingono. Nel caso di Salvini e Maloni vediamo in atto un respingimento perché i tratti similari si sono accentuati al punto che la relazione è diventata competizione conflittuale. Ma la comunicazione social risulta sovrapposta”. E anche se dall’arrivo di Mario Draghi, dice Panarari, “Salvini ha in qualche modo messo in stand-by la tensione sovranista, per riflesso pavloviano o esigenza di posizionamento questa riemerge sul web”. Simili ma diversi appaiono anche, i due, nel modello di leadership: “In entrambi i casi  leadership carismatica, in un contesto in cui l’arena mediatica è decisiva. Di fronte alla platea dei follower, il leader carismatico deve presentarsi senza spalla, senza secondo. Deve riempire tutto lo spazio, anche in prospettiva verso la conquista della premiership. La personalizzazione prevede la vittoria di uno soltanto, ed ecco che il compromesso  si fa problematico”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.