Il personaggio

Meloni sfoglia la margherita a Roma, il suo giardino: ora punta sull'economista Piga

Il centrodestra continua a non scegliere. E Giorgia è pronta ripiegare su un'economista d'area. Potrà funzionare?

Simone Canettieri

La leader di Fratelli d'Italia inizia ad avere un problema: se salta Bertolaso, toccherà a lei trovare il nome competitivo. La Lega rumoreggia: ma vuole vincere? Raggi è sicura di no

Si aspettano tutti una mossa da lei. Perché Roma è casa sua. Perché, come ammette Francesco Storace, “finora la Meloni ha scelto solo chi non candidare più che il contrario”. Virginia  Raggi addirittura è convinta che la destra giochi a perdere, puntando sulla conquista in cavalleria della regione fra due anni. Insomma un altro complotto per far vincere il M5s come cinque anni fa?

 

 

Anche Matteo Salvini ha confessato ai suoi amici più stretti di non capire la strategia della leader di Fratelli d’Italia nella Capitale. Che, si sa, è Giorgia Capoccia: la Garbatella, i rom che devono nomadare, i mercati, Colle Oppio, l’empatia. Guai a chi si mette di traverso: decido io. Ma chi e quando? Ieri Meloni ha chiamato Guido Bertolaso e Ignazio La Russa lo ha incontrato. Ma l’ex capo della Protezione civile si sta facendo crescere la barba. Brutto segno.

 

Significa insomma che Bertolaso è davvero inamovibile. Anzi di più: che presto, terminata l’esperienza in Lombardia con la campagna vaccinale, si farà accarezzare la barba dalla sua nipotina. Prossima missione: nonno a tempo pieno, e tanti saluti a tutta la compagnia. Altro che appello dei leader del centrodestra. L’uomo del fare del governo Berlusconi non ci pensa proprio. Anche se non lo dirà mai pubblicamente, a settanta anni e alcune cose fatte alle spalle è rimasto molto deluso dal trattamento ricevuto proprio da Meloni. Cinque mesi fa lo ha messo in congelatore e nel frattempo ha guardato altrove: Francesco Rocca della Croce Rossa e il manager del credito sportivo Andrea Abodi. Entrambi finiti però fuori dai radar, per vari motivi, professionali e personali.

 

Ora Bertolaso non se la sente di passare come l’uomo della provvidenza, e nulla c’entra la frase “Giorgia faccia la mamma” pronunciata cinque anni fa contro Meloni. Storia chiarita tra i due anche recentemente al telefono. Per uno strano incrocio del destino questa volta, al contrario di quanto accade con il governo Draghi, è proprio Salvini a poter giocare di rimessa con l’alleata.

 

 

“E’ stata Giorgia a porre veti, adesso spetterà a lei trovare la soluzione”, è il ragionamento del leader della Lega alle prese con la grana Milano (Gabriele Albertini si è preso altri giorni di tempo ma ha annunciato che al 51 per cento confermerà il suo niet a correre contro Beppe Sala: chissà). E quindi che fa la leader di Fratelli d’Italia? Cosa ha in mente se Bertolaso dovesse rimanere – come sembra – sulla sua posizione? E qui la confusione si fa largo. Perché i civici che Meloni ha in mente sono abbastanza sconosciuti al grande pubblico. Il primo è Enrico Michetti, detto il prof., docente di Diritto degli enti locali e commentatore a Radio Radio, popolarissima emittente della Capitale. L’altro nome coperto è quello di Gustavo Piga. Un altro professore, questa volta, ordinario di Economia politica al l’università di Tor Vergata, vicino al partito di Meloni, e a una certa idea di sovranismo da molti anni fin da quando fu tra i promotori del referendum contro l’austerity. Il suo è un profilo che gira molto forte in queste ore nel mondo di FdI, dove nessuno mette in dubbio la strategia della “capa”, com’è chiamata Meloni, ma tutti capiscono che insomma, dai, manca solo il candidato della destra. E di fenomeni all’orizzonte non se ne vedono. 

 

In queste settimane Meloni ha coltivato i contatti anche con la giudice Simonetta Matone, tenuta anche lei in sospeso. E dunque chissà se accetterà e se sarà proprio lei la prescelta. Il pasticcio romano in cui la leader della destra rischia di ficcarsi porta anche ad altre ipotesi, diciamo di bandiera. Una di questa, la principale, è Chiara Colosimo, sorella politica minore di Giorgia, consigliera regionale all’opposizione di Nicola Zingaretti. Passione da vendere (ieri è andata a protestare davanti alla libreria di Tor Bella Monaca che si rifiuta di vendere la biografia di Meloni) ma anche scommessa molto importante. Sarà lei la  candidata? Dalle parti della Lega  aprono le braccia. Dentro Forza Italia scuotono la testa. 

 


E così si ritorna sempre lì, a Milano, a Bertolaso. Pressato da tutti i partiti di centrodestra, sommerso dalle telefonate quasi imploranti di chi gli dice: “Guido, salvaci tu”. Ma  lui, con un pizzico di sadismo, ripete: grazie, potevano pensarci prima, ci mancava solo che lo chiedessero all’usciere di Montecitorio. Bertolaso parla al plurale, ma ce l’ha con Meloni. Niente di personale, sia chiaro. Stessa cosa per lei. Che d’altronde ha sempre detto: “Guido sarebbe un ottimo sindaco, ma potrebbe non essere un buon candidato”.  

 

Timori di gaffe, ma anche di un’eccessiva autonomia nelle scelte. La situazione inizia a farsi complicata. E tutti – Berlusconi, Tajani e Salvini – attendono che a tirare fuori le castagne dal fuoco sia proprio Meloni. Che si gioca molto, ma non tutto a Roma. Che rimane il suo giardino con vista sulla politica italiana, di cui però solo lei deve avere le chiavi. Costi quel che costi.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.