Operazione "tutelare Giorgetti"

Draghi abbraccia Giorgetti (e Salvini): "Superato strappo". La Lega rilancia

Salvini convoca la sua segreteria. Draghi affida a Giorgetti il compito di "ministro della mediazione"

Carmelo Caruso

Ridimensionare lo strappo per tenere la Lega dentro. Non solo coprifuoco. Salvini vuole deleghe per i suoi viceministri e indicare linea all'Interno e al Mit. Draghi si fida di Giorgetti e sulla capacità di tenerlo e lui si sente un tecnico

E’ l’uomo di mezzo ma tutto intero. Si astiene per contenere Salvini, non rompe ma incolla la Lega al governo. C’è un motivo se per Mario Draghi “il non ci stiamo” leghista sul decreto riaperture “è un precedente” ma che si può superare, “anzi, lo abbiamo già superato”. Il motivo è che va tutelato Giancarlo Giorgetti.

 

E non significa che va tutelato il ministro dello Sviluppo economico, ma un’idea. E’ l’idea del governo largo, l’idea che anche la Lega debba stare dentro e stare in maniera ordinata. La vera fortuna di Salvini non è far parte di questo esecutivo, ma partecipare con tre ministri che sono stimati e uno capace di far contento il suo segretario e rassicurare il suo presidente. Draghi dice: “Giorgetti sa cosa fare”, “se l’abbiamo scelto c’è una ragione”. Esiste infatti un ministero che non esiste. E’ il ministero della mediazione (con Salvini) che il premier ha consegnato al vice della Lega. Ha dossier strategici perché è questo che si pensa: “Ha la competenza e la sua presenza in questo governo è decisiva”. Chi un giorno lo dovrà descrivere non potrà che partire dalla sua facilità allo sdoppiamento. Ieri mattina ha partecipato alla segreteria convocata da Salvini, per dimostrare l’unità, e subito dopo si è seduto al tavolo sul Pnrr come se non fosse accaduto nulla.


C’è una cosa che Salvini non ha compreso. Le sue ragioni sono rappresentate più di quanto avrebbe potuto rappresentarle lui. Se solo non temesse Giorgia Meloni, che guadagna ogni settimana quasi un punto, se solo non soffrisse “i giornali che mettono Giorgetti contro di me”, potrebbe vedersi riconosciuto quello che chiede. L’intenzione del governo non è lasciare il coprifuoco. Ci sarà una verifica fra due settimane. Nel decreto contestato è perfino passata l’apertura delle fiere dal 1° luglio al 15 giugno come chiedevano Garavaglia e Giorgetti. Il suo problema è dunque un altro. Vuole essere riconosciuto come leader. Ebbene, non serve che spedisca cinque sms a Draghi e che lo dica alle agenzie. Giorgetti ha spiegato che “la Lega deve essere accettata, ci dovete volere in questo governo”. Draghi ha risposto che “la Lega è a tutti gli effetti al governo e su questo non ci sono dubbi”. Ci sono degli argomenti leghisti che hanno una loro legittimità. Non ha forse finito per coprirle ordinando ai suoi ministri di astenersi? Ieri, tutta la segreteria della Lega ha condiviso la decisione, il segnale che si è voluto dare, ma c’è forse qualcuno che nella Lega può alzarsi e dire “io non sono d’accordo sul metodo  utilizzato”? Anche se nessuno dei ministri lo ha detto, la verità è che lo pensavano. E lo pensano anche i vice e i sottosegretari. Vorrebbero dirgli che se le sue sono proposte di buonsenso, Draghi sa comprenderle e che questo è il “governo del divenire”. Significa che ogni giorno è utile per modificare. I presidenti di regione leghisti, ad esempio, lamentano che sulle scuole si è “osato troppo” mentre sui ristoranti poco e che nelle zone gialle si è di fronte al paradosso che “prima si poteva mangiare all’interno e adesso solo fuori”. Sono perplessità che si possono esprimere ma per arrivare a un accordo.

 

Ma ci sono solo queste o è altro che scatena Salvini? C’è il tema delle deleghe che non sono state affidate ai viceministri della Lega. Salvini, in privato, la chiama “violenza istituzionale” e può farsi forte del fatto che Giorgetti ha invece provveduto. Si tratta, in particolar modo, di Nicola Molteni al ministero degli Interni e di Alessandro Morelli ai Trasporti. Sono due dicasteri centrali. Come si vede c’è qualcosa di più, oltre alla battaglia sul coprifuoco. L’agenda di Salvini è questa: incidere sulla scelta dei prefetti, rilanciare sul codice degli appalti, non permettere che si ripetano nomine ostili. Si fa riferimento a quelle di Mauro Bonaretti capo del dipartimento per i Trasporti e di Mauro Antonelli capo della segreteria tecnica di Enrico Giovannini. Bonaretti ha un difetto in più. E’ stato il vice di Domenico Arcuri. Ci sono altre bandiere che presto verranno agitate: sono le opere olimpiche che procedono con lentezza. C’è il commissariamento della Tav (tratta italiana) che è ferma. Un’altra rivendicazione sarà fatta sui testi di materia finanziaria che il ministro dell’Economia, secondo la Lega, non condivide. Ha ragione dunque Salvini quando dice che la Lega non è spaccata, ma non è lui che la tiene unita. E’ opera del suo vero capolavoro: Giorgetti. Per Draghi è il più politico dei ministri e il più tecnico dei politici. Ed è così che adesso si vede pure lui: “Mi sento un tecnico”. E’ falso che abbia minacciato le dimissioni. Rimane sia con Draghi che con Salvini. Per lui è solo una questione di “manutenzione”.   
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio