manovre parlamentari

Il centrodestra a trazione Meloni tenta il ribaltone alla Camera. Ma il blitz fallisce

Valerio Valentini

La leader di FdI convince i colleghi di Lega e Forza Italia a votare la sua mozione sulla Borsa Italiana e spaccare il M5s. L'imboscata fallisce per 21 voti, e alla fine è il centrodestra a sfaldarsi. Ma Salvini nel cambio degli equilibri parlamentari ci crede eccome

Il motivo dello scontro era la Borsa Italiana e la sua presunta svendita alla Francia. Ma il motivo reale interessa poco, a ben vedere. Perché la sostanza dello scontro è tutta politica, e sta nel tentativo del centrodestra di fare il ribaltone. Tentativo fallito, almeno per ora. Perché il tabellone di Montecitorio alla fine ha parlato chiaro: 236 voti contrari, 215 a favore. E così l'agguato sovranista per stabilire dei nuovi rapporti di forza nell'Aula della Camera va in fumo.

 

Tutto è successo in pochi minuti. Quelli che sono serviti a Francesco Lollobrigida, capoguppo di Fratelli d'Italia, a convincere i colleghi della Lega e di Forza Italia che sì, lo scherzetto si poteva fare, viste le assenze tra i banchi del centrosinistra e i supposti tentennamenti tra i centristi. L'occasione da cogliere si materializza intorno a una mozione che, non a caso, reca la firma di Giorgia Meloni in persona e che viene sottoscritta anche dal luogotenente del Cav, Sestino Giacomoni. La Lega, che ne ha presentata un'altra analoga, all'inizio si sfila, predica cautela. Perché la battaglia, comune al centrodestra, viene da lontano: da quando, allora compattamente all'opposizione, FdI, Lega e FI denunciavano i rischi della svendita ai francesi della Borsa Italiana dopo il passaggio di Piazza Affari sotto Euronext, benedetta dal governo Conte II. Solo che nel frattempo è cambiato tutto, compreso il perimetro della maggioranza. E allora i leghisti provano dapprima a votare la mozione filogovernativa, rischiando di spaccare il fronte del centrodestra. Che in effetti traballa non poco: perché, dentro la stessa FI, Alessandro Cattaneo sottoscrive la mozione di maggioranza, mentre Giacomoni, da tempo convinto della necessità della creazione di un fondo sovrano italiano, mantiene la sua firma accanto a quella della Meloni.

 

Nel trambusto che ne segue, i capigruppo della destra si guardano intorno: vedono alcuni banchi vuoti nelle file del Pd, lanciano segnali di fumo a Italia viva. Che però si sfila subito, perché la mozione meloninana ha un sapore troppo sovranista: l'estensione del golden power, la creazione del fondo sovrano, certi toni protezionistici dal retrogusto antifrancese. "Noi non ci stiamo", dà l'ordine ai suoi Maria Elena Boschi. "Ma potrebbero starci alcuni grillini", insistono quelli di FdI, sempre pronti a titillare le fregole nazionaliste dell'ala sovranista del M5s. Solo che a decretare il parere contrario del governo sulla mozione è la viceministro dell'Economia Laura Castelli. Il capogruppo Davide Crippa manda un messaggio a tutti i suoi deputati: "Voto urgente, correte in Aula, rischiamo di andare sotto". Alla fine si va alla conta, e il responso è chiaro: per 21 voti la maggioranza del vecchio BisConte, quella con Pd e M5s insieme ai centristi e a LeU, respinge l'assalto. Il blitz è fallito. E i grillini applaudono polemicamente all'indirizzo dei collega del Carroccio. 

 

E anzi, di lì a poco è proprio il centrodestra che si sfarina. Perché sulla mozione presentata dai fuoriusciti del M5s, simile a quella della Meloni, FdI vota a favore, la Lega si astiene e FI si dichiara contraria. Non una grande prova di unità, evidentemente. Ma siamo alle prove iniziali, all'esordio di quelle grandi manovre d'Aula a cui Matteo Salvini non nasconde di riservare più di qualche pensiero. "Specie al Senato", dicono i suoi, spiegando che non è casuale l'interesse del capo a promuovere la campagna acquisti tra gli espulsi del M5s, pubblicizzando ogni nuovo arrivo in Lega con grande enfasi. L'ultimo è stato il siciliano Francesco Mollame, che la comitiva a Cinque stelle l'aveva lasciata a metà marzo per entrare nel Misto. Subito pronta, per lui, la photo opportunity stamattina con Salvini, nello studio dell'ex ministro. Segnali. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.