La cultura che sarà

Tamponi, Ffp2, stop intervalli: il piano Franceschini per riaprire cinema e teatri

Un test come quello di Barcellona per studiare gli esiti

Carmelo Caruso

Protocolli di sicurezza per gli spettacoli all'aperto. Al ministero si lavora per riaprire le sale. Alzare la soglia di capienza dal 25 al 40 per cento. Franceschini: "Datemi i dati e convinco il Cts e Speranza"

Come riaprire musei, cinema e teatri lo stabilirà Dario Franceschini, ma che sia urgente capire come farlo è Mario Draghi che lo pensa. Un piano c’è. Non accadrà prima di maggio perché al governo si ritiene “difficile” ma si sta ragionando su test da praticare come quello effettuato in Spagna, a Barcellona. Si  esaminano  i modelli esteri. Al momento, sul tavolo del capo di gabinetto del Mibact, Lorenzo Casini, sono allo studio tre protocolli  e c’è un grande dibattito in corso per portare la soglia di capienza delle sale dal 25 al  40-50 per cento. Se rimane al 25,  gli operatori ritengono impossibile ricominciare.

 

Le ipotesi per consentire l’accesso sono: un tampone prima di entrare in sala, la mascherina Ffp2 da acquistare all’ingresso e un sistema di areazione importante. A Palazzo Chigi si chiedono cosa si stia facendo per pianificare gli spettacoli all’aperto. Si vuole sapere in che modo e come si pensa di prevederli. Il primo test potrebbe essere un concerto, poi si cercherà con dati scientifici, inoppugnabili, di spiegare al Cts e al ministro della Salute, Roberto Speranza, che “di cultura non si contagia”.

 

In Olanda si è addirittura creata una fondazione mista, pubblico-privato. Ha il compito di promuovere test e studi su cultura e Covid. In Italia si può iniziare (e non si esclude possa avvenire nelle prossime settimane) con un esperimento, 5000 spettatori, per capire gli effetti.

 

A Milano, e lo spiega Filippo Del Corno che non è solo assessore alla Cultura, ma da poco nominato nella segreteria del Pd di Enrico Letta, l’estate scorsa è stato possibile fare sedere 1.000 paganti senza generare cluster. Queste le norme introdotte: prenotazione online efficace, posti assegnati, security point con transenne per evitare assembramenti prima dello spettacolo. “Ma si può anche decidere di eliminare l’intervallo, altro momento pericoloso” propone ancora Del Corno. Non è una stranezza.

 

La nuova cultura potrebbe perdere per sempre questa parentesi di tempo. Tutto questo serve solo a far capire che si pensa alla vaccinazione, alla campagna, ma senza trascurare la vita che deve riprendere, quel guardare con “fiducia al futuro” di cui ha parlato Draghi. C’è un’importante novità che riguarda il ministro che deve sopportare la patente di “rigorista” che non straccia ma che non lo racconta come vorrebbe.

 

E’ vero che aveva promesso la riapertura di cinema e teatri il 27 marzo, ma quando gli rimproverano di non avercela fatta risponde che “neppure in Francia, Germania è stato possibile. E’ doloroso anche per me”. Di fronte agli assessori alla cultura di dodici città d’arte, un tavolo ormai permanente, ha detto: “Raccogliete i dati, quei dati che lo scorso anno hanno dimostrato che la cultura non è stato un focolaio e sarò io stesso a presentarli al Cts e Speranza”.

 

Ci dovrà essere un’interlocuzione e si avrà partendo dai protocolli di sicurezza sui cui le autorità sanitarie saranno chiamate a esprimersi. Per gli spettacoli all’aperto esiste una mole di carta  e un modello che potrebbe essere replicabile su scala nazionale. Riguarda l’Arena di Verona che già l’anno scorso aveva superato, attraverso una deroga regionale, il tetto del 25 per cento. Non sono altro che linee guida arricchite dalle statistiche che confortano e che dimostrano che si può fare.

 

Nell’estate 2020 non si sono registrati contagi fra gli spettatori e stessa cosa è accaduto allo sferisterio di Macerata. E’ il dossier che sta gestendo la sottosegretaria Lucia Borgonzoni che non si sogna di aprire adesso ma che dice “non ci saranno soldi che basteranno, ristori, per le piccole compagnie teatrali che si sciolgono. Serve un’intesa sulla capienza. Ragionare su tamponi scontati per chi acquista un biglietto di cinema e teatro”.

 

Non c’è dubbio che per lei sia più semplice parlare di riaperture e non solo perché rappresenta la Lega che da sempre le chiede. Non è tuttavia corretto scrivere che sono separati e nemici. Uno sta prendendo il meglio dell’altro e viceversa. Franceschini non ha voluto più indicare date ma sarebbe sensibile al principio di “non reversibilità”. Significa che una volta aperti musei e teatri non si torna indietro. E’ una clausola che esiste in Inghilterra e in realtà fa parte di un dibattito ampio e antico: equiparare la fruizione agli spettacoli come servizio pubblico essenziale. Non si creda sia semplice. Ci sono risvolti che riguardano il diritto del lavoro. E, forse, una volta per tutte sarebbe il caso di separare le difficoltà di cinema e teatri.

 

Per i cinema manca il prodotto americano. Chi lavora al ministero ricorda che lo scorso anno, quando si riaprì, ed era il 15 giugno, erano i datoriali a opporre resistenza perché i ristori, e per quanto se ne dica, sono arrivati: “I veri penalizzati sono sempre i lavoratori”. C’è infine la convinzione che la pandemia debba essere un’occasione per ordinare il mondo della cultura tanto disordinato. Si lavora, in futuro, a un documento per normare i lavoratori atipici, “le mezze partite iva che sono rimaste fuori dagli aiuti”. C’è insomma l’ambizione che la riapertura di musei e cinema possa davvero diventare il modello all’italiana. Tampone e applausi.

 

 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio