Il provvedimento

Decreto Covid, così Draghi medierà sulle riaperture tra Speranza e l'asse Lega-FI

Nel dl via libera anche allo sblocca concorsi di Brunetta: oltre 100mila persone coinvolte nella pubblica amministrazione

Simone Canettieri

Il premier dal 14 aprile vuole introdurre i criteri per allentare le misure. Previsto anche la sospensione per i sanitari che non vorranno vaccinarsi: saranno considerati non idonei e sospesi dal lavoro

Tagliando, scudo, sanzioni e concorsi. Il decreto Covid – non sarà un dpcm – si muove intorno a queste quattro direttrici. 

Oggi alle 17.30 il premier Mario Draghi riunisce il Consiglio dei ministri e si troverà a gestire una situazione che non è facile: la Lega vuole un segnale forte sulle riaperture e sul ritorno graduale delle zone gialle. Il pressing del Carroccio parte da Matteo Salvini, arriva fino alla delegazione di governo e attraversa le regioni governate dal centrodestra. 

La mediazione di Draghi consisterà nell’inserire dal 14 aprile la possibilità di rivedere – in presenza i dati confortanti – la zona gialla. “Ma con il virus non si media”, frena da giorni Roberto Speranza, titolare della Salute e pronto all’ennesimo match contro gli aperturisti. 

Speranza non fa che ripetere da giorni i dati della variante inglese: in Italia è all’86,7 per cento con una maggiore trasmissibilità pari al 37 per cento. Il ragionamento del ministro della Salute è semplice: “Con 16 mila contagiati e oltre 500 morti non possiamo pensare ai pranzi al ristorante. Le zone rosse abbattono i contagi di circa il 30 per cento, le arancioni del 18, le gialle invece fanno aumentare i casi di contagio”.

L’approccio rigorista di Speranza – che ieri ha firmato un’ordinanza che dispone la quarantena di cinque giorni per chi rientra dai viaggi all’estero durante le vacanze pasquali – è nota. Ma Draghi oggi è intenzionato a mettere nero su bianco un automatismo che consenta un allentamento delle misure. Si parte sempre da tre macro dati: contagiati, deceduti e terapie intensive. Parametri che si aggiungono a quelli già utilizzati, e ancora più specifici, usati per la colorazione delle regioni. Si tratta del meccanismo chiesto a gran voce da Lega e Fi, per evitare che fino al 30 aprile vi sia un’Italia divisa solo in aree rosse e arancione. La norma in questione – che tuttavia non dovrebbe espressamente menzionare le aree gialle – consentirà degli alleggerimenti delle misure anti-Covid, degli “sprazzi di giallo”, li chiamano a Palazzo Chigi. Ma sarà argomento da affrontare a partire da metà aprile, appunto.


La vera svolta riguarda però l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari e lo scudo penale per chi somministra le vaccinazioni. Questi provvedimenti hanno fatto ieri la staffetta per tutto il giorno tra i ministeri: Giustizia, Lavoro e Salute. La mediazione raggiunta da Marta Cartabia e Andrea Orlando va verso “il rigore e la congruità delle sanzioni”. Gli operatori sanitari del settore pubblico e privato che non intenderanno sottoporsi al vaccino saranno considerati inidonei e dunque sospesi dal lavoro. Ma fino a quando? Su questo aspetto gli uffici legislativi dei vari ministeri si sono confrontati fino a tarda sera. C’è chi spinge per la sospensione fino alla fine dello stato d’emergenza proclamato dal governo (e dunque l’immunità di gregge) e chi invece chiede che nel decreto la sospensione davanti ai sanitari no-vax sia perpetua, portando così al licenziamento. Di sicuro i provvedimenti saranno immediati e non saranno sottoposti a vertenze sindacali. Su questo punto, d’altronde, Draghi  – che ieri si è sottoposto al vaccino AstraZeneca insieme alla moglie nell’hub della stazione Termini – è stato netto: “Non va bene che operatori sanitari non vaccinati siano a contatto con malati”.

Sempre nel decreto Covid sarà contenuto lo “sblocca concorsi pubblici”, una svolta arrivata dopo il via libera del Comitato tecnico scientifico e che fa esultare il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta: “Ridiamo la speranza e la fiducia nel futuro a decine di migliaia se non centinaia di migliaia di ragazzi”. Le stime del dicastero, che non comprendono però i dati relativi agli enti locali, parlano di oltre 115 mila posti previsti. Nel dato rientrano i 91 mila messi a bando o da bandire nel comparto scuola, e sono compresi anche i concorsi del Dipartimento della funzione pubblica che - tra quelli già banditi o da concludere - riguardano oltre 18 mila posti. Infine ci sono i 6.300 posti messi a bando tra servizio sanitario, Comuni, Università, enti pubblici non economici ed enti di ricerca, e Avvocatura dello Stato. 

Nel decreto dovrebbe rientrare anche una deroga alle regole ordinarie per il concorso in magistratura. Tempistica e modalità saranno poi definiti con un successivo decreto ministeriale. Il concorso si sarebbe dovuto svolgere a maggio, ma l'orientamento sarebbe di tenerlo auspicabilmente a luglio, prima della pausa estiva, in più sedi e con una procedura semplificata in modo da tenere i candidati meno ore impegnati nella sede concorsuale.  Nel pentolone di questo Consiglio dei ministeri bollono infine anche le nomine:   sono attese le conferme di  Marcello Minenna (Dogane) ed Ernesto Maria Ruffini (Entrate).  Si cambia al Demanio: Alessandra Dal Verme  al posto di Antonio Agostini.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.