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editoriali

Giovannini, mo me lo segno

Redazione

Le interviste del ministro delle Infrastrutture sono un preoccupante manifesto del non-sense

Il rinnovamento infrastrutturale è unanimemente riconosciuto come una leva per la ripresa economica del paese. Ieri il Sole 24 Ore ne ha discusso in una lunga intervista col ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (sic), Enrico Giovannini.

Cosa ha detto? “Proprio oggi ho insediato insieme al ministro Brunetta una commissione” (e una). Non solo: “In parallelo abbiamo una commissione con i ministeri della Transizione ecologica e della cultura” (due). Con quale obiettivo? “Il ministero ha alcune idee, come ce l’hanno le forze politiche, le regioni, le province, i comuni, le parti sociali”. Per “fare sintesi… abbiamo scelto un percorso nuovo in cui ci sia interazione tra forze politiche e tecnici” (tre). E’ abbastanza singolare che, a tal proposito, l’unico stakeholder citato sia l’Asvis, di cui proprio Giovannini è stato portavoce fino a poche settimane fa: si ha quasi la sensazione che, dietro i giusti princìpi di partecipazione, faccia capolino una certa autoreferenzialità. In ogni caso, la via individuata dagli ultimi governi è quella della nomina di commissari con poteri straordinari per la realizzazione delle opere: ebbene, “abbiamo avviato una nuova ricognizione presso le stazioni appaltanti per capire dove i commissari possono essere una soluzione” (quattro). Molti indicano il Codice degli appalti come l’origine del problema, ma “attendiamo l’esito del lavoro della commissione”.

 

Inoltre, Giovannini sollecita un maggiore coordinamento tra le diverse politiche attraverso “la ricostituzione del Cipu, il Comitato interministeriale per le politiche urbane, che è competenza del ministro Gelmini” (cinque). E, per quanto riguarda il ministero di cui lui stesso è responsabile, “la nuova organizzazione consente di integrare queste diverse componenti, con la creazione di un nuovo dipartimento sulla programmazione a medio lungo termine” (sei). E, sette, “servirebbe un Istituto sul futuro e sulla programmazione strategica”. Come direbbe John Maynard Keynes, mo me lo segno.

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