Sulla Pa, al governo, avremo coraggio. Ci scrive Brunetta

Renato Brunetta

 Più innovazione e produttività. “Parlare di coesione sociale, battersi per il superamento dei dualismi pubblico-privato e garantiti e non  rientra tra le finalità di chi la ha condiviso l’intesa”

Il Patto siglato lo scorso 10 marzo da governo e sindacati per l’innovazione nella Pubblica amministrazione ha suscitato apprezzamenti diffusi. Ma in alcuni amici, appena si sente parlare di Pa, scatta il riflesso condizionato, di chiusura, e troppo facilmente ci si consegna a una retorica che impedisce di cogliere anche le novità. Atteggiamenti non sempre ingiustificati, ma chi si occupa di lavoro sa che le generalizzazioni sono sempre una ciambella di salvataggio per i meno virtuosi. 
Questa è una fase nuova. E’ il momento di comprendere che fare innovazione, insieme, è necessario. Nella Pubblica amministrazione è decisivo!
 Parlare di innovazione, produttività, decentramento contrattuale e mettere risorse sulla contrattazione di produttività rappresenta una svolta che fissa precisi riferimenti per il negoziato che si è appena aperto per il rinnovo dei contratti. Nell’intesa, l’amico Pietro Ichino noterà le risorse previste sulla contrattazione decentrata, che serve appunto per valorizzare gli operosi e la produttività.

A quei livelli, in alcune amministrazioni già oggi e da domani ovunque, gli aumenti salariali sono strettamente collegati in modo rigoroso alla fissazione per ciascuna amministrazione di obiettivi precisi, specifici, misurabili e collegati a scadenze determinate e alla capacità del loro conseguimento. La partecipazione è una sfida reciproca, a cui deve aggiungersi l’aggettivo “responsabile”. E’ un modo per chiarire che le relazioni di lavoro devono essere costruite guardando avanti e un’assunzione, altrettanto reciproca, di impegni. Il governo ha il dovere di ascoltare e decidere. Il sindacato ha il diritto-dovere di stare dentro il confronto in modo propositivo, accantonando quel potere di veto e interdizione che risale a una stagione vecchia di corporativismi e che ha danneggiato il funzionamento e la modernizzazione, ma anche le stesse tutele del lavoro pubblico.

Parlare di “coesione sociale”, battersi per il superamento dei dualismi “pubblico-privato” e “garantiti e non”, non è soltanto lo spirito del testo: rientra tra le finalità principali dell’intesa e di chi l’ha condivisa. 

Non basta proclamare i diritti alla salute, alla sicurezza, all’istruzione, a uno stato semplice, efficiente e amico delle persone e delle imprese. Bisogna anche saperli garantire. E sappiamo che la qualità dell’accesso ai servizi pubblici è troppo diversa tra regioni, centri delle città e periferie, aree interne, nord e sud.  La Pubblica amministrazione, se funziona, è il primo presidio dei diritti dei cittadini: è il baluardo essenziale contro le disuguaglianze, che la pandemia rischia di acuire. Abbiamo deciso di introdurre le migliori tecnologie digitali e imboccare, con decisione, il percorso delle transizioni che ci chiede l’Europa, ma come tutti i processi di rilancio e innovazione vogliamo farlo puntando sulle persone. Da mercoledì 10 marzo si è aperta una pagina nuova. I contributi e i rilievi di merito, se ben argomentati, sono preziosi, ma indietro non si torna.

A partire dalle generalizzazioni, dobbiamo saper riconoscere che c’è un pezzo di Italia che nel pubblico impiego lavora il triplo per colpa dei “furbetti”, ma proprio la retorica generalizzante su questi ultimi mortifica gli operosi. Per questo la scelta è decentrare la contrattazione di produttività, perché finalmente si valorizzino queste persone e si responsabilizzi tutta l’organizzazione a partire dai dirigenti, che devono essere liberati dalla “paura della firma”. Paura troppo spesso causata dall’esistenza di fattispecie di reato evanescenti e indefinite, come l’abuso d’ufficio e il traffico di influenze illecite.
 Sono e siamo consapevoli che la riforma della Pubblica amministrazione è la sfida delle sfide. Energie, intelligenze e contributi saranno preziosi per fare, insieme, un buon lavoro. Io ci credo.
 

*Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione