Il caso

Covid, mezza Italia diventerà rossa e la restante arancione. Ma niente lockdown

Prima riunione di Draghi con i ministri in attesa delle decisioni di venerdì che modificheranno il dpcm

Simone Canettieri

I consigli del Cts saranno presi solo per metà, ma non c'è ancora una decisione. Entro sabato la presentazione del piano vaccinale: previste 52 milioni di dosi entro giugno

Metà Italia finirà in zona rossa. E il resto quasi tutta in arancione. Ma niente lockdown e nemmeno uno stop generalizzato a ristoranti e bar nel fine settimana.  La linea del governo (uscita dalla riunione di ieri a Palazzo Chigi tra il premier Mario Draghi, i ministri interessati e i vertici dell’Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità, Silvio Brusaferro e Franco Locatelli) recepisce a metà le indicazioni molto rigide arrivate martedì dal Cts sul tavolo di Draghi.

 

Sarà adottato, questo sì, il parametro dei 250 contagiati per 100 mila abitanti per far scattare la zona rossa. Per il resto si attendono i dati di domani. Quando ci sarà anche il Consiglio dei ministri che modificherà il dpcm. 

 

Si tratta di trovare un punto di equilibrio. Tutto sarà deciso nelle prossime  24-48 ore. “Per ora siamo ancora in alto mare”. Si attendono dunque  domani i dati del monitoraggio del virus. Numeri che faranno cambiare di colore a gran parte dell’Italia. Le previsioni che ha condiviso il ministro Roberto Speranza con i colleghi presenti al tavolo (Mariastella Gelmini, Dario Franceschini, Elena Bonetti, Giancarlo Giorgetti, Daniele Franco e Stefano Patuanelli) sono state comunque poco incoraggianti: mezza Italia si tingerà di rosso e la restante di arancione, fatta eccezione per poche regioni, a partire dalla Sardegna. Oggi altro passaggio: Gelmini, titolare dei rapporti con le regioni, incontrerà gli enti locali. Un modo per condividere un orientamento che sembra comunque già scritto. Ma allo stesso tempo per evitare che l’ala di centrodestra dell’esecutivo, che governa gran parte dei territori a partire dal nord,  per evitare che inizi a protestare.

 

Su quest’aspetto, d’altronde, Matteo Salvini è stato abbastanza perentorio nei giorni scorsi: “No a nuovi lockdown”. Una posizione che ha trovato, nel ripetersi di schemi già visti, l’opposizione dell’ala più rigorista, capitanata da Roberto Speranza. Niente di nuovo. O quasi. La novità è un’altra, però. Queste nuove misure in qualche modo si intersecheranno con il piano vaccinale che sarà presentato tra domani e sabato. In queste ore il generale Francesco Paolo Figliuolo sta cercando di mettere a sistema tutti i dati a sua disposizione.

 

Si parte anche qui da una previsione: entro il secondo trimestre dell’anno, dunque entro giugno, sono attese 52 milioni di dosi di vaccini. E dunque il successore di Domenico Arcuri è obbligato a correre. Sapendo che il tempo potrebbe non essere il suo miglior alleato.

 

Nelle linee guida del piano - che non saranno presentate da una conferenza stampa ma da un asciutto comunicato - si cercherà di omogeneizzare la strategia tenendo conto però dalla diversità del paese. Sotto tutti i punti di vista. Il coordinamento di Poste italiane, per la logistica e le informazioni, sarà ancora più centrale. 

 

Allo stesso tempo si creeranno dov’è è possibile dei grandi hub per le vaccinazioni, magari dove sono già presenti i drive-in per i tamponi. Ma non sarà una regola che varrà per tutti. Il piano non è un guanto, dicono fonti vicine al dossier. 

 

In questa fase molte aziende, anche private,  si sono messe a disposizioni per ospitare le vaccinazioni. Ma chi è esperto di logistica riflette su un dato: spezzettare potrebbe comportare rallentamenti sul piano dell’organizzazione. Dunque si valuterà caso per caso. Così come la distribuzione dei vaccini che varierà a seconda del rapporto tra territori e abitanti. Saranno mobilitati medici, 300 mila volontari della Protezione civile e i reparti più operativi della Difesa. Di sicuro tutti, a partire da Draghi, si attendono uno scatto da questo piano, dopo la partenza a rilento che si è vista finora, anche per cause esterne, certo. Ecco, c’è da valutare come l’avvio della compagna possa coniugarsi con nuove misure ancora più restrittive. Su questo punto, una decisione ancora non è stata presa. Ma un orientamento inizia a esserci. Così come l’ipotesi che possa essere rimandata la riapertura di cinema, teatri e palestre, inizialmente prevista per il 27 marzo. Oggi nuovo cdm: tra le varie ed eventuali anche le nomine di nuovi ambasciatori. Ma non del sottosegretario allo sport, nodo non ancora sciolto.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.