Salvini in ammollo

David Allegranti

Accerchiato da Zaia e Meloni, il leader della Lega cerca di non farsi strozzare dalla coalizione. Risvolti delle regionali

Roma. Da capo della coalizione di centrodestra, e pure con alte e altre ambizioni, il segretario della Lega Matteo Salvini sta cercando ostinatamente di non restare con un sontuoso pugno di mosche alle elezioni regionali di settembre. Ha provato in ogni modo a forzare l’accordo anche da lui sottoscritto ai tempi della scelta del presidente del Copasir (toccato alla Lega), prima stoppando la candidatura di Raffaele Fitto in Puglia e offrendo quella di Nuccio Altieri, poi raddoppiando con il no a Stefano Caldoro in Campania.

   

“Salvini accoglie transfughi ed ex di tutti i partiti e se la prende solo con Caldoro che non ha mai cambiato bandiera: socialista e berlusconiano, quasi un mio gemello (io sono democristiano e berlusconiano)”, dice al Foglio Gianfranco Rotondi. Una strategia del rilancio continua, quella di Salvini, che ha costretto gli alleati a numerosi incontri, l’ultimo in ordine di tempo ieri pomeriggio, durato per ore (c’era anche da decidere una posizione sulla presenza agli Stati generali e il centrodestra ha deciso di non partecipare). Il risultato è che mentre il centrosinistra è già da settimane, se non da mesi, in campagna elettorale per la rielezione di Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, il centrodestra si fa del male da solo. L’ex ministro dell’Interno ha chiesto con insistenza una candidatura in Puglia o in Campania per piantare una bandierina nel Mezzogiorno (“Ci doveva pensare prima”, dicono da Fratelli d’Italia) ma soprattutto per provare a eclissare i risultati delle ultime elezioni regionali. A un certo punto gli hanno pure offerto le Marche, di spettanza meloniana, che però ha il grave difetto di non trovarsi nel sud Italia e di essere una regione piccola.

  

L’ostinazione di Salvini va interpretata, letta, decodificata tenendo conto delle sue non brillanti performance post Papeete alle regionali. La Lega ha perso in Emilia-Romagna con una candidata super salviniana, Lucia Borgonzoni, e ha preso il 12,25 per cento in Calabria (alle europee di qualche mese prima aveva raccolto il 22,61 per cento). Come osserva un dirigente del partito di Berlusconi, “Salvini anziché concentrarsi su una regione sola del Mezzogiorno, per lui importante, come ha più volte ribadito per il suo radicamento in tutta Italia, ha puntato a tutte e due. In questo modo però ha ricompattato Berlusconi e Giorgia Meloni”. In Puglia, neanche Berlusconi ha dubbi su Fitto, nonostante il passato burrascoso. Dentro a Forza Italia sono convinti che Salvini assomigli troppo all’altro Matteo, Renzi, e che il suo destino sarà analogo a quello dell’ex Rottamatore. Anche perché la serie di sberle che Salvini ha rimediato da quando non è più al governo inizia a essere lunga. La più importante è quella in Emilia-Romagna, come detto, e nel centrodestra, côté Fratelli d’Italia, sono convinti che Salvini fosse convinto di vincere.

   

Così però non è stato e nel frattempo, mentre Salvini s’avviluppava su se stesso, altre leadership nel centrodestra si rafforzavano. Fino ad arrivare a queste settimane in cui Salvini più che un leader federatore ha dimostrato di essere soprattutto uno che pesta i piedi agli alleati. Un dirigente di Forza Italia già prefigura il film: “A settembre, Luca Zaia sarà all’ottanta per cento in Veneto e in Puglia, se il candidato sarà Fitto, Giorgia Meloni vincerà”. La vittoria di Zaia è assicurata, quella del centrodestra in Puglia non è scontata anche se i sondaggi danno Fitto vincente su Michele Emiliano. Per Salvini, sarebbe la concretizzazione di due incubi: la leadership di Zaia e la leadership di Meloni. In questo modo, Salvini si troverebbe ancora più isolato di adesso. “Quando si ha più consenso degli alleati a maggior ragione occorre comprendere le ragioni degli altri”, osserva l’ex deputato napoletano Amedeo Laboccetta. “E su Campania e Puglia Berlusconi e la Meloni hanno perfettamente ragione. I cosiddetti volti nuovi di cui parla Salvini, tra l’altro, nessuno li ha ancora visti o sentiti”. Eppoi, Fitto e Caldoro “possono piacere o meno, ma siamo già fuori tempo massimo. E non mi pare che in circolazione vi sia qualche Maradona della politica”.

  

Ma nemmeno per la Toscana, dove esprime una sua candidata, Salvini pare essere contento. C’è la possibilità che il segretario della Lega debba prendere le distanze da una sconfitta. E non sarà semplice da evitare, perché Salvini ha scelto l’europarlamentare Susanna Ceccardi per sfidare il centrosinistra. Una candidatura più salviniana di questa era difficile da scegliere. Per questo il centrodestra toscano avrebbe preferito un profilo civico, non una Borgonzoni bis. Anche perché la vittoria di Pisa, di cui Ceccardi è stata protagonista, è avvenuta in un momento storico preciso e con Salvini al massimo della popolarità. “E in più – dicono da Forza Italia – c’era Renzi a darci una mano, indebolendo il fronte del centrosinistra”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.