Stati Generali degli amministratori regionali della Lega (LaPresse)

Fase due: guerra tra regioni leghiste

Redazione

Autonomia differenziata di Zaia contro centralismo indifferenziato di Fontana

Diventa sempre più difficile orientarsi in questa fase 2, perché ormai il conflitto più che istituzionale sta diventando di personalità. Non solo tra persone diverse, ma anche all’interno degli stessi individui. L’ultimo è il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana che, durante l’incontro con il governo sulla gestione delle riaperture e degli spostamenti tra regioni, ha dichiarato che “servono linee guida uguali per tutti e un protocollo uguale per tutti”. Della stessa opinione il presidente dell’Anci, il sindaco di Bari Antonio Decaro: “Altrimenti qui diventa una Babele”. Un vestito della stessa misura, cucito dal sarto dello stato centrale, che dovrebbe andare bene per tutte le regioni, da nord a sud (isole comprese), è la soluzione condivisa dal governatore lombardo e dal sindaco pugliese.

 

Sul fronte opposto, e questo è l’aspetto politico più rilevante, si sono schierati altri due governatori leghisti, come il presidente del Veneto Luca Zaia e del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, oltre a Stefano Bonaccini dell’Emilia-Romagna, il pugliese Michele Emiliano e il vicepresidente della Campania Fulvio Bonavitacola. Tutti ritengono, a ragione, che non vadano bene regole uguali per tutti se la situazione epidemiologica è differente per ognuno. Gli schieramenti sono quindi mescolati, sia lungo l’asse nord-sud sia attraverso quello destra-sinistra. Ciò che più sorprende è che Fontana, esponente di un partito che si dice “federalista” (anche se ora è nazionalista) e rappresentante di una regione che pretende l’autonomia differenziata, si faccia portabandiera di un centralismo indifferenziato. Un approccio simile a quello del ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, che ha mosso guerra alla presidente della Calabria Jole Santelli per aver osato aprire in anticipo il servizio ai tavoli all’aperto. Ma che si dimostra sempre più inefficace per gestire una situazione sanitaria ed economica estremamente differente sul territorio. Alla fine il successo del “modello Veneto” di Zaia viene, per ora, proprio dall’essersi distinto dal centralismo indifferenziato di Fontana e Boccia.

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