Susanna Camusso, Carmelo Barbagallo, Annamaria Furlan. Foto LaPresse

L'ulteriore regressione di Camusso

Redazione

L’assurdità di una protesta puerile per arricchire i pensionati in deficit

E’di per sé surreale che il paese con il debito pubblico (132 per cento del pil) e la spesa pensionistica (16 per cento del pil) più alti d’Europa – fatta eccezione per la Grecia – abbia come preoccupazione principale quella di aumentare la spesa previdenziale in deficit. Ma ciò che fa diventare questo dibattito paradossale è che, nonostante la decisione sbagliata del governo di mettere altri 300 milioni sulle pensioni (la stessa cifra aggiuntiva stanziata per la disoccupazione giovanile e la lotta alla povertà), il sindacato più grande del paese dica che non basta e dichiari una “mobilitazione”. La Cgil di Susanna Camusso, a differenza degli altri sindacati, non vuole più neppure parlare con il governo. La scelta è quella di buttare la palla in tribuna e puntare al bagno di folla dal quale dovrebbe emergere la nuova sinistra dura e pura che all’articolo 1 vuole una Repubblica fondata sulla pensione. Ma nel profluvio di interviste e dichiarazioni rilasciate in questi giorni si può leggere non solo la sinistra che verrà, ma anche la cultura di quella che è stata. La critica principale che viene fatta al governo è che “il confronto si è mosso in un sentiero stretto di risorse” e che “la scarsità di risorse è figlia delle scelte fatte”. Prendersela con la scarsità delle risorse, che è un po’ come prendersela con la forza di gravità, è più una protesta infantile che sindacale.

 

Ma la cosa più ipocrita che fa la leader della Cgil è quella di giustificare la difesa della propria base di iscritti, fatta prevalentemente da pensionati, e il rifiuto dell’accordo con il governo utilizzando i giovani: manca la “pensione minima garantita” per le attuali generazioni. E con quali soldi? “Non costa – dice la Camusso – non ha costi oggi, ma tra 15 anni”. In un’affermazione del genere c’è tutta l’inadeguatezza e la miopia di un sindacato. C’è l’ossessione pensionistica, anche quando si tratta di giovani più che pensare a come trovare un lavoro oggi con cui produrre crescita e pagare i contributi per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale, si offrono pensioni a debito. E c’è la miopia che, per regalare baby pensioni e generose pensioni retributive ha portato la spesa e il debito a questi livelli. Oggi è gratis, si paga tra 15 anni. Il problema è che oggi il paese, e in particolare i giovani, stanno pagando le promesse a debito di politica e sindacati fatte 30 e 40 anni fa. Ci risiamo.

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