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Le barriere burocratiche che bloccano la legge sulle barriere architettoniche

Paolo Emilio Russo

Storia paradossale di un banale testo di legge, rimpallato tra uffici, commissioni e dipartimenti. Un requiem per la semplificazione

Per Massimo D'Alema la soluzione era piuttosto facile: approviamo una "grande riforma, di due articoli", in sei mesi. Uno prevedeva "l'abolizione della navetta" in modo da dimezzare l’iter delle leggi, che oggi dura in media tra i 6 e i 17 mesi. Prima ancora ci aveva provato - e c’era pure quasi riuscito - Matteo Renzi, conuna riforma che puntava, togliendo alcune competenze al Senato, a rosicchiare quei numeri che tutti conosciamo: una legge di iniziativa parlamentare impiega 504 giorni in media per essere approvata. Sappiamo come sono andate a finire le cose.

 

Ancora oggi, nell'anno domini 2017, al Parlamento non bastano quattro anni per dare il via libera a una norma semplicissima e dalla comprovata utilità sociale come sono le "Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche”.

 

Quella del progetto di legge 1013 è una storia sintomatica di come continuano ad andare le cose, tra proposte che restano invischiate tra Camera dei deputati e Senato, tra Commissioni che chiedono pareri (inutili) alla Ragioneria dello Stato e quest'ultima che ci mette quattro anni a scrivere e spedire a un chilometro di distanza da via XX settembre una paginetta e mezza di relazione. Il testo del quale stiamo parlando, composto di un unico articolo suddiviso in tre commi, è stato presentato dalla deputata del Pd Vittoria D'Incecco e dà mandato al governo di realizzare un "testo unico" della normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche, di riunire in un solo tomo tutte le leggi che regolamentano questo ineludibile passo di civiltà e "garantire uniformità normativa per dare certezza agli utenti e agli operatori del settore".

 

Che nessuno abbia mai dubitato che fosse cosa buona e giusta lo dimostra il voto all'unanimità della commissione Ambiente a Montecitorio, che ha licenziato il testo in sole quattro sedute. Tutto questo accadeva nel mese di settembre 2013. A quei tempi a Palazzo Chigi sedeva ancora Enrico Letta, Silvio Berlusconi era un senatore della Repubblica (con l'uveite), Matteo Renzi era sindaco di Firenze e forse la sua proposta di riforma dello Stato soltanto un sogno (o un incubo, dipende dai punti di vista).

  

Quella stessa pdl 1013 la si trova all'ordine del giorno dell'Aula di Montecitorio di lunedì 2 ottobre 2017. Come è possibile? Per scrupolo, prima di licenziare quel testo, i deputati che l'hanno votata, compreso i grillini che pure a quei tempi erano ancora armati di "apriscatole", hanno chiesto alla Ragioneria generale dello Stato di verificare ciò che a loro già appariva scontato, cioè che il raggruppamento delle leggi che disciplinano l'abbattimento delle barriere architettoniche non avesse conseguenze economiche, insomma che non comportasse una spesa per il paese.

 

La Ragioneria, che oggi è un dipartimento del ministero dell'Economia (nonostante il segretario Pd abbia immaginato di spostarlo a Palazzo Chigi), ha ricevuto l'incarico a fine 2013 e ha risposto al (semplice) quesito con un documento datato 3 maggio 2017.

 

Dopo 1305 giorni sono state protocollate 40 righe che ci hanno impiegato un mese e quattro giorni per coprire il tragitto tra via XX Settembre e piazza Colonna, dunque un chilometro in linea d'aria.

 

Così, il 7 giugno, i deputati hanno potuto avere conferma del fatto che, avendo loro assegnato il compito di fare il lavoro di raccolta delle norme a una commissione costituita da "personale dipendente del ministero delle Infrastrutture a cui non vengano corrisposti compensi ad alcun titolo o gettoni di presenza", allora la Pdl 1013 "non comporta maggiori oneri a carico dello Stato", quindi va bene. Bravi, bis.

 

Ora il via libera dell'Aula della Camera. Ma a quattro mesi dalla fine della legislatura, con la legge di Stabilità tutta da discutere e quella elettorale sulla quale si combatterà l'ultima battaglia, la proposta non ha (quasi) nessuna chance di essere approvata per tempo al Senato e di diventare legge dello Stato.

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