Italia, migranti al porto siciliano di Augusta (foto LaPresse)

Gad Lerner ci spiega le idee dell'altra sinistra sugli immigrati

Maurizio Crippa

La linea del giornalista, Pd tendenza Pisapia: ri-statalizzare l’accoglienza e il modello marcia di Milano 

Gad Lerner ha lasciato mercoledì 23 agosto il Partito Democratico. Il giornalista, iscritto al Pd fin dalla sua fondazione, spiega in un lungo intervento al sito Negrizia di aver preso la decisione dopo una serie di scelte fatte in seno al partito e riguardanti i diritti umani: "Ho ben presente l'importanza dell'unità dentro un partito grande e plurale. So anche che nel Pd continuano a essere numerosi coloro che hanno a cuore gli ideali oggi deturpati. Ma io che avevo visto male la scissione, né ho considerato motivi sufficienti per un divorzio le riforme istituzionale e il jobs act, ora, per rispetto alla mia gerarchia di valori, mi vedo costretto a malincuore a separarmi dal partito in cui ho militato dalla sua nascita. L'involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile". Per Lerner "la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la campagna di denigrazione mossa contro le Ong impegnate nei salvataggi in mare. Culminata in accuse di complicità con gli scafisti e tradotta nella pretesa governativa di sottometterle a vincoli non contemplati dal diritto internazionale né dai codici di navigazione". Una goccia in un vaso che già contiene "la revoca dell'operazione Mare Nostrum con la motivazione che costava troppo e con limitazione del raggio d'azione della nostra Marina Militare. La mancata abrogazione del reato di immigrazione clandestina, per ragioni di opportunità. La soppressione, solo per i richiedenti asilo, del diritto a ricorrere in appello contro un giudizio sfavorevole. La promessa non mantenuta sullo ius soli temperato. E, infine, la promulgazione di questa inedita oscena fattispecie che e' il 'reato umanitario' mirato contro le organizzazioni non governative".

   


 

Di sinistra è di sinistra, chiedergli dello ius soli è più che inutile perché il meticciato (la sua riflessione sulle identità: “Tu sei un bastardo”, roba del 2005) è la sua autobiografia. Islam, Italia è stata la sua ultima trasmissione in tv, è pur sempre un socio fondatore del Pd, tuttora in Assemblea nazionale, anche se il Pd così com’è non lo fa impazzire. Politica, preferibilmente a mezzo spin, la fa da sempre, e la sta facendo adesso. E al Foglio dove amiamo sfotticchiarlo per questo oltreché incalzarlo, lo abbiamo definito di recente il Casaleggio di Pisapia. Ma siccome è uomo che adora i traghetti e i ponti, si prova a parlamentare, qui. Scegliendo non un campo neutro ma un argomento importante, e lo mette sul campo lui. L’immigrazione. Gad Lerner col Foglio vuole parlare di immigrazione. Perché ha trovato ragionevoli (non tutte) le cose che ha scritto questo giornale nei giorni scorsi, a proposito della necessità di prendere sul serio i numeri senza demagogia – e rendersi conto che la famosa emergenza è gestibile, senza demagogia – e a proposito di come affrontarla nel suo luogo genetico, che non è la Libia ma l’Africa sub-sahariana. Inoltre, la necessità di un approccio storico. A Lerner è piaciuto anche l’editoriale di domenica di Maurizio Molinari in cui il direttore della Stampa sostiene tra l’altro che l’integrazione dei migranti è un test di crescita per ogni democrazia industriale”, e ricorda il fenomeno dell’emigrazione europea in America. Approcci pragmatici.

 

Dunque: immigrazione, appunti per una nuova politica. E basta leggere il resoconto delle cose dette sull’immigrazione da Matteo Renzi alla direzione del Pd di ieri per capire che sarà, nei prossimi mesi, un argomento chiave per la costruzione di due sinistre ben distinte. Prima del “passo in più” di ogni buona nuova politica di sinistra, c’è qualcosa da correggere: “Una politica che propone come priorità assoluta la limitazione degli arrivi fa innanzitutto una promessa vana ai cittadini, perché gli sbarchi continueranno. E in secondo luogo incentiva soltanto la sindrome da accerchiamento. Pericolosa”. “Invece, come avete scritto anche voi, bisogna sapere e saper spiegare che 200 mila arrivi all’anno si possono governare. Dire ‘adesso blocchiamo i porti’ è esattamente come evocare i carri armati al Brennero: sono frasi senza contenuto e pericolose”. Insomma: Minniti. “Che stimo molto, ha grande competenza e ovviamente non lo invidio per la responsabilità di dover gestire questa situazione”. Ci vuole un’idea diversa, per Gad Lerner: “La priorità assoluta del contenimento, sarà una promessa mancata. Si ritorcerà contro”. Insomma: si ritorcerà contro il governo. Allora la politica: serve una politica di (una sinistra) diversa. Veniamo al punto: “Serve una politica in grado di proporre e realizzare una via ordinata all’accoglienza”. Un buon titolo, la vorremmo tutti. Come si fa? “Occorrono forme di controllo su come farli arrivare, non su come respingerli”. Lo spin è buono, ma proviamo a dettagliare: “La condivisione europea, innanzitutto, quella la si deve ottenere”. Giusto, benché al G20 di Tallinn, in queste ore, l’Italia stia prendendo in materia sportellate in faccia. “In secondo luogo, mettere dei traghetti”. Traghetti? “Da Tunisi, con la Grimaldi, costa 60 euro. Fine del guadagno illecito degli scafisti”. Ma è una follia, arriverebbero davvero tutti. “No, ovviamente significa un accordo per fare i controlli lì, a Tunisi ipotizziamo. E gli hotspot: identificazione, permessi. È la soluzione migliore dal punto di vista etico, e pratico, e di gestione dei flussi. Lo dite anche voi. Invece pensiamo agli errori che abbiamo commesso per vent’anni, senza saper fare una politica ordinata: niente tetti agli ingressi, niente visti di lavoro, niente controlli. Li abbiamo lasciati senza un mezzo di trasporto per arrivare: e così sono arrivati illegalmente. Occorre una politica che dia loro un mezzo legale per arrivare. Un flusso ordinato e non criminale, incontrollato, omicida”. 

 

Al terzo punto della politica immigratoria ben ordinata di Gad Lerner c’è la necessità di “rivedere in toto la gestione dell’accoglienza da parte dello stato. Bisogna smettere con questa zona mista tra cooperazione, volontariato, ong e vere e proprie imprese di settore che ricevono fondi per gestire l’accoglienza, con la dispersione di risorse che conosciamo, per non parlare delle situazioni illegali. La Germania è riuscita ad accogliere un milione di stranieri in un anno perché ha una gestione controllata, regolata dalla pubblica amministrazione, che funziona”. Insomma bisogna ri-statalizzare il sistema di accoglienza? “Sì”.

 

Un programma alternativo a quello che Renzi pare avere in mente, ma fin qui è dialettica politica. Ma soprattutto, non è facile da comunicare. “Bisogna prima accettare, e poi saper spiegare, con uno sguardo storico, che il flusso non finirà perché lasciamo affondare qualche barcone, o riusciamo a dirottare qualche nave a Barcellona (altra cosa che non avverrà né può avvenire, altra promessa vana). Dobbiamo paragonare – lo ha fatto Molinari – quanto sta succedendo oggi all’emigrazione europea in America tra Otto e Novecento, un fenomeno che durò oltre 70 anni: perché lo squilibrio demografico ed economico quello era. Questo va detto, spiegato all’opinione pubblica. Per questo serve una gestione ordinata. Ultimo aspetto di una politica realista: il paese chiave è la Nigeria – il gigante demografico e economico dell’Africa il paese in cui sono orgogliosi per il fatto che tra 20 anni saranno più numerosi di tutta l’Unione europea – non la Libia”.

 

Forse servirebbe anche mandare i caschi blu ai confini del Sahara, no? “Io li manderei, non ho remore finto pacifiste su questo. Ma ci sono le condizioni reali? Mi pare di no, lo avete scritto anche voi”. Rischiano di essere frasi a effetto, e pericolose, insiste Lerner. Come ad esempio la questione dell’“incentivo” agli sbarchi. “Bisogna stare molto attenti a dire che le ong o Mare Nostrum hanno, pur involontariamente, realizzato forme di incentivo agli sbarchi. Bisognerebbe ricordarsi che questo era un argomento con cui la Gran Bretagna degli anni 30 proponeva di non permettere l’accoglienza agli ebrei in fuga dalla Germania: perché ‘sarebbero arrivati tutti’”.

 

Va bene, è il programma di un governo di sinistra-sinistra, l’alternativa a Renzi-Minniti, insomma siamo dalle parti del Campo progressista. È questo il piatto forte della proposta? “So che voi sfottete, ma la mia collaborazione con Giuliano Pisapia, oltre che dalla stima e dalla lunga conoscenza, nasce dalla consapevolezza che questo Pd non può restare fermo su certe posizioni. Comunque, la risposta che ti do è milanese: alla manifestazione pro accoglienza del 24 maggio a Milano, c’erano due cose notevoli: il 50 per cento dei partecipanti erano associazioni di stranieri, o per meglio dire di ‘nuovi milanesi’ orgogliosi di esserlo e stanchi di essere considerati la fonte dei problemi. E l’altra metà erano le maestre di scuola, con gli studenti, i bambini, i genitori. Mi sembra che dica molto di cosa sia l’ambito a cui guardare. È una fotografia sociale”.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"