Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Solo con il Barone di Münchhausen si può capire il programma Di Maio

Luciano Capone

Basta austerità, Di Maio trascinerà il paese fuori dalla palude del debito pubblico a colpi di deficit

Roma. La legislatura sembra accorciarsi e le urne si avvicinano sempre di più: “Voto subito, ma per fare cosa?”, ha chiesto opportunamente il direttore del Sole 24 ore Guido Gentili alle forze politiche. Di particolare interesse per capire le priorità in economia dei 5 stelle sono state le risposte di Luigi Di Maio, probabile presidente del Consiglio di un ipotetico governo grillino. Quale sarà il programma economico del M5s? “Un reddito di cittadinanza pensato come misura di sostegno e di reinserimento attivo nel mondo del lavoro, un piano di investimenti pubblici nei settori innovativi e ad alto ritorno occupazionale, l’alleggerimento del carico fiscale per le Pmi, il rilancio della sanità pubblica e più in generale dei beni comuni, sottraendoli alla logica del profitto e delle privatizzazioni”. Si tratta di provvedimenti che hanno una cosa in comune, hanno tutte un costo e anche elevato, di cui però Di Maio non fornisce una sola copertura.

    

“Chi paga?”, avrebbe chiesto il compianto Ugo La Malfa. La caratteristica di questi “provvedimenti del tutto diversi da quelli fatti finora” sarebbe che non non paga nessuno, si ripagano da soli, grazie ai poteri moltiplicativi delle intuizioni grilline in politica industriale. In questo senso l’aumento della spesa e del deficit non è più un problema neppure il debito pubblico, perché “serve un nuovo approccio”: “Torniamo a investire nei settori produttivi ad esempio con una banca pubblica d’investimento, e sosteniamo i redditi più bassi. In questo modo il debito si ripagherà da sé producendo crescita dell’occupazione e dell’economia”. Basta austerità, Di Maio trascinerà il paese fuori dalla palude del debito pubblico a colpi di deficit, come il Barone di Münchhausen uscì dalla palude afferrandosi per i capelli e tirandosi in su.

   

Allo stesso modo, con un’altra tirata di capelli, verrà finanziato l’abbassamento delle tasse: “La sfida è ottenere una riduzione della pressione fiscale innescata dal ritorno alla crescita – dice il vicepresidente della Camera al Sole – La migliore risposta al disastro del Jobs Act è un piano di investimenti pubblici produttivi”. Il primo motore immobile della macchina del moto perpetuo della crescita sarà quindi questa banca pubblica, che finanzierà il piano grillino di “investimenti pubblici in infrastrutture e settori che garantiscano posti di lavoro e innovazione” oltre che “domanda interna e quindi anche profitti delle imprese private, che torneranno ad investire”. Questo meccanismo perfetto come un orologio svizzero finanzierà non solo la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, ma anche l’abbassamento dell’Iva, l’aumento della spesa sanitaria e i beni comuni “sottraendoli alla logica del profitto e delle privatizzazioni”. Si tratta di un’affermazione strana, perché attualmente i beni comuni, tipo la romana Atac, non sono privati e sembrano più legati alla logica del debito, che economicamente è meno efficiente di quella del profitto. Altrettanto enigmatica è la posizione sulle liberalizzazioni: “Siamo favorevoli, a patto che non si traducano in privatizzazioni di fatto”. Si tratta di una di quelle affermazioni che fanno scena e dal significato oscuro, un po’ come la nazionalizzazione della Banca d’Italia, a cui non si chiedono chiarimenti.

   

In ogni caso l’idea di tirarsi per i capelli del deficit aprirebbe uno scontro in Europa, a cui il barone Di Maio ha però già dettato le sue condizioni “per rimettere in carreggiata il progetto comunitario” attraverso proposte di “buon senso”: abolizione del Fiscal compact, adozione degli Eurobond, abolizione del pareggio di bilancio e “investimenti in innovazione esclusi dal limite del 3 per cento annuo deficit/pil”. E’ tutta lì l’arma che convincerà anche l’Europa, in    quegli investimenti innovativi, produttivi e quindi moltiplicativi, di cui Di Maio dà un fulgido esempio: “Finanziamenti per attività agricole e di allevamento finalizzate ai consumi nazionali interni”. Fare dell’Italia un paese autosufficiente e pieno di prelibatezze da mangiare, un po’ come l’“Isola di formaggio” raccontata dal barone di Münchhausen.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali