Dopo le belle francesi, le italiane sciuè sciuè

Lanfranco Pace

Oltre al poco senso che hanno le primarie senza un sistema elettorale maggioritario, il risultato sembra sia già scritto. L'Italia si dimena tra la ricerca di un Macron de' noantri (che non c'è) e la superficialilità del procuratore di Catania. Il Pagellone alla settimana politica

Si vota oggi per scegliere il nuovo segretario del Pd: è un problema che non riguarda tutti se non di rimbalzo. Voterà chi ha davvero voglia di dire la sua sulla vita di un singolo partito e del suo gruppo dirigente, l’appuntamento dunque non ha nulla di istituzionale, è eminentemente politico. Trattandosi del primo partito italiano (almeno fino ad ora) e comunque del più grande della sinistra europea, c’è una certa attenzione. Nei media e fra i politici di professione, meno al piano terra dove alligna un po’ di noia. Anche perché il risultato appare scontato, tutti i sondaggi prevedono una massiccia vittoria del segretario uscente Matteo Renzi e un’affluenza in vistoso calo, addirittura un milione in meno rispetto alle primarie del 2013. Il risultato politico del vincitore verrà dunque analizzato alla luce della media ponderata tra i voti presi e gli elettori persi.

  

Non sono primarie le consultazioni fatte in rete dai 5Stelle, se non altro per il numero chiuso e scarsamente significativo  dei partecipanti. Il centrodestra ne discute da anni ma senza mai passare all’atto, Berlusconi non ne vuole e l’uccisione del padre che segna il passaggio all’età adulta è sempre cosa penosa e difficile. Il Pd dunque è il solo che usa le primarie per la selezione di parte dei dirigenti e dei candidati:  alla lunga la solitudine stanca.

 

La settimana scorsa le primarie per le presidenziali francesi hanno mostrato ben altro tableau: 80 per cento di partecipazione, quasi quaranta milioni di elettori, undici candidati che hanno assicurato la più ampia rappresentatività. La libertà di togliersi lo sfizio e votare anche per un signor 1 per cento è garantita dalla presenza del ballottaggio in cui i due arrivati in testa si sottopongono di nuovo al giudizio del popolo. Che in questa occasione voterà il candidato meno peggio, meno lontano dal suo profilo ideale: in altri termini se al primo turno l’elettore sceglie al secondo elimina.

  

A parte il maggioritario secco, a un turno, di cui gli inglesi sono addirittura gelosi (beati loro, se lo possono permettere, non hanno specialisti in bacchettate sulle palle come gli Zagrebelsky e i Settis, che fanno la morale e gridano che è antidemocratico che chi vinca con un solo voto di scarto possa prendersi tutto), il maggioritario di collegio a due turni con ballottaggio è quanto di meglio passa il convento europeo, assicura insieme rappresentatività e stabilità. Nonostante i voli della nostra illimitata fantasia non c’è modello spagnolo o tedesco che regga il confronto.

 

Le primarie conterebbero e sarebbero un buon passo avanti del sistema politico se organizzate come primo dei due turni di un sistema maggioritario, quindi obbligatorie e governate dalla legge: ben diverse insomma dalla partecipazione pur generosa di privati cittadini che intendono scegliere il leader di un’associazione privata chiamata partito.

 

NULLA DI NUOVO

 

Infatti tutto è andato come da copione nel confronto tra i tre candidati alla segreteria, andato in onda su Sky  (voto 9).

 

Si vedeva lontano un miglio che Renzi non ne può più di stare in ginocchio sui ceci, fa violenza su se stesso per non sbottare e rovesciare anche i tavoli che non esistono. Vuole dimostrare che è cambiato, che contraddice l’assioma secondo cui l’unico animale che non impara mai dai propri errori è l’uomo: non è detto che il maquillage gli riesca e tantomeno che gli convenga. Per mediare, smussare, sussurrare agli elefanti ce ne sono tanti e più bravi.

 

Si vedeva lontano un miglio che Orlando è un diligente funzionario di scuola ex comunista, un giovane Natta: cortese, educato, preparato, nazionale e popolare, ama Morandi e Zanicchi ma ha lo scatto di un paracarro e il killer istinct di Cocco Bill.

 

E che Emiliano, fuori dal loco e dal  mezzogiorno, è un errore di casting, flaianamente l’insuccesso (No Triv, No Tap) gli ha dato alla testa. Perderà, brontolerà un po’, poi alla prima occasione lascerà il Pd di Renzi per fare il pontiere con i 5 Stelle, è scritto, la sua è una traiettoria a prova di fondi di caffè.  

 

LUI NON C’E’

 

Chi è il Macron italiano? Non esiste, nessuno può umanamente sperare in tanto bus de cul,  “la baraka de Macron” è intitolato  l’editoriale del direttore di Libération.

 

Un presidente uscente al minimo storico della popolarità che ha affossato e tenuto sotto terra il suo partito, pilastro del sistema. Un partito a sua volta accecato, che per rimettersi in piedi, sceglie un candidato “de sinistra” e per giunta sconosciuto. A destra, il campione dei repubblicani, altro partito pilastro del sistema, falciato in pieno volo dallo scandalo  dei compensi veri per collaborazioni fittizie svolte dalla moglie e da altri familiari e parenti. Risultato: al secondo turno, Macron se la dovrà vedere con Marine Le Pen, l’avversaria più abbordabile.

 

Una così sfacciata congiunzione astrale la ebbe solo Berlusconi nel 1994, nello sfacelo di Mani pulite ma il fronte contro di lui si riformò subito e lo fece cadere: da allora dovette ogni volta rialzarsi da solo, contro la stessa cattiva sorte. Non l’ha avuta nemmeno Renzi che pure debuttò alla Ruota della fortuna.

 

Macron passa per un Manchurian candidate ma con una fortuna così non dovrebbe nemmeno avere bisogno dei suo potenti sostenitori. 

 

PROCURATORI ALLO SBANDO

 

Quelli di Roma hanno fatto tombola: una condanna a quasi trenta anni chiesti per imputati che non hanno ucciso nessuno e che non sono mafiosi (la mafia non lascia nemmeno l’osso figurarsi se si accontenta del business dei rifugiati e di qualche appalto)  è uno sproposito che si può spiegare solo con l’ostinazione a mantenere l’impianto accusatorio e difendere l’impatto mediatico dell’inchiesta. 

 

Dopo la solenne bufala della trattativa stato mafia si profila all'orizzonte una terza inchiesta demenziale: l’avvierà, ne siamo certi, il procuratore di Catania sulle presunte implicazioni delle Ong che operano nel mediterraneo e sembrano agire di concerta con i trafficanti. Prove? Per ora no. I soliti noti Marco Travaglio, Grillo e pure Alfano dicono che invece ci sono.

 

Mettiamola così: se il procuratore, Di Maio, Travaglio, Grillo e Alfano fossero migranti o profughi che dir si voglia e si trovassero su uno di quei cazzi di canotti della morte e avessero il cellulare o il satellitare di un soccorritore non gli farebbero una telefonatina per farsi ripescare il prima possibile? Trovate i soldi, risalite i circuiti di finanziamento prima di lanciare sospetti gravi su donne e uomini che passano il tempo a salvare vite umane: lo ha detto l’altra sera Erri De Luca e a lui va il massimo dei voti e bacio accademico. 

  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.