Francesco Bonifazi all'assemblea nazionale del Partito Democratico

Bonifazi ci dice perché porterà in tribunale lo scontro sulla mobilia della sinistra

Annalisa Chirico

Renzi, la giustizia, la class action contro Sposetti & Co. Parla il tesoriere del Pd

Roma. A lei Sposetti non intende lasciare nemmeno un appartamento, una cantina, un bugigattolo, niente. “Mi sarei accontentato di uno stanzino…”, risponde così, con un tocco d’ironia, il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, al secondo piano del Nazareno, stanza 17. Alle spalle campeggia la foto di Matteo Renzi, di fronte a se due piatti di spinaci all’agro, sulla mensola la targa con la citazione di De Niro: “Il talento sta nelle scelte”. A proposito di scelte, tesoriere, i Grandi Vecchi del Pci hanno scelto: l’eletto che raccoglierà il testimone di Sposetti come curatore di un patrimonio di 2.500 immobili e innumerevoli opere d’arte, blindati in 57 fondazioni e 5 associazioni, valore stimato mezzo miliardo di euro, si chiama Andrea Orlando. “E chi l’ha deciso?”. Lo scorso 21 gennaio il senatore Sposetti ha festeggiato i 70 anni a Palazzo Pallavicini-Rospigliosi, lei era tra gli invitati? “Troppo giovane”. Al tavolo d’onore con il festeggiato sedevano Napolitano, Macaluso, Tortorella, D’Alema, Fassino e un solo under 50, Orlando. Il designato è lui. “Dubito che la proprietà di un patrimonio accumulato grazie all’autotassazione di migliaia di compagne e compagni si possa decidere attorno a una torta mentre si spengono le candeline”. Bonifazi è un pragmatico, esibisce l’acca aspirata come una coccarda sul bavero della giacca, il suo proferir è un tripudio di sicché.

 

Corteggiatissimo dai salotti romani ai quali si concede con parsimonia (“Il capo dice: Roma a piccole dosi”), non vanta l’eloquio ricercato né le letture colte del Guardasigilli Orlando, Bonifazi non è cresciuto dentro il partito, lui stava a Firenze, studiava legge e la politica era un passatempo tra gli altri. “Per me non è mai stata totalizzante, non ho mai voluto vivere di politica. Ho scelto la professione forense, mi sono laureato in legge, nel 2008 ho fondato uno studio legale pur non avendo padri avvocati, ho cominciato da zero”. La sua attività è finita nel mirino per via dei proventi in aumento. “Siamo bravi, lavoriamo sodo. E comunque, per i curiosi delle vite altrui, la mia ultima dichiarazione dei redditi è sostanzialmente identica a quella dell’anno precedente”. Orlando racconta che nel 1984, alla morte di Berlinguer, suo padre lo portò a Roma per celebrare in piazza la scomparsa del leader comunista. “Io rimasi a Firenze ma i’ mi babbo pianse tanto”. Stili opposti, percorsi paralleli, da una parte il funzionario di partito allevato a pane e politica, pacato e riservato; dall’altra il fiorentino ruspante, affezionato al campanile e allergico alle nomenclature. Nel 2009, alle primarie per la corsa a sindaco di Firenze, Bonifazi appoggia il candidato avversario, Michele Ventura, che esce sconfitto. All’indomani, preso atto dei risultati, Bonifazi invita il futuro sindaco a un evento pubblico ed entra ufficialmente nella sua squadra. La fortuna di Renzi è stata pure la sua, “a Roma ci guardavano come alieni, oggi bussano tutti alla porta”. Lei però si occupa poco di politica. “Io sono un uomo macchina, soltanto qui in sede ci sono 120 dipendenti. Non partecipo ai talk show, anche se sarei il numero uno”.

Faccia il serio, tesoriere, perché la questione è serissima: lei ha preannunciato una class action contro Sposetti&co. Siete all’epilogo delle carte bollate, non sarebbe meglio parlarsi, magari un whatsapp? "Agli inizi del mio incarico mi consultavo sporadicamente con Sposetti, poi abbiamo interrotto ogni comunicazione. Il ricorso al tribunale è extrema ratio, una scelta inevitabile, a meno che non ci sia un ripensamento da parte del senatore e di chi è con lui. In due giorni ci hanno contattato 25 ex iscritti ai Ds che intendono sottoscrivere l’azione collettiva in sede civile. Dimostreremo che la costituzione di una fondazione per schermare il patrimonio è, a un tempo, errore politico e obbrobrio giuridico”. Si spieghi meglio. “Per il Codice la fondazione deve perseguire finalità culturali e filantropiche, invece Sposetti e i suoi l’hanno impiegata per sottrarre il patrimonio Ds al nascente Pd, come se fosse roba loro e non degli iscritti. Si rende conto che i beni accumulati grazie alla generosità dei militanti sono finiti nelle mani di fondazioni private?”. Sposetti obietta che le fondazioni ospitano i circoli con canoni di locazione perlopiù simbolici. “Quel patrimonio è nostro, non dovremmo pagare alcun affitto. Parliamo di settant’anni di storia del comunismo italiano, della memoria culturale e politica di una comunità. Noi siamo il Pd, non degli occupanti abusivi”. Lei è il tesoriere del Pd renziano, se cambia il vento le toccherà preparare gli scatoloni. “Renzi è stato scelto dalla base e sarà riconfermato al prossimo congresso. I sondaggi lo danno in vantaggio su ogni altro possibile candidato”.

 

Perciò la roba spetta a voi? “Spetta al Pd, non si può espropriare il partito con un’alchimia civilistica. Fassino mi ha detto che ricorda bene la delibera con cui le federazioni Ds conferivano i propri beni alle fondazioni private come momento transitorio e propedeutico alla nascita del Pd. Invece è diventato un limbo per incassare affitti e conservare potere. Non è questione di soldi ma di memoria e identità”. E’ pure vero che per fare politica i soldi servono. “L’abolizione del finanziamento pubblico che noi abbiamo voluto e realizzato ha comportato sacrifici a ogni livello. Partecipo a centinaia di assemblee in tutta Italia, ogni volta c’è un iscritto che alza la mano e pone il problema del patrimonio espropriato” Sul 2x1000 siete i più bravi. “Nel 2016 ci siamo aggiudicati il 51 per cento del mercato, dei 12 milioni di euro erogati quasi 6 e mezzo sono stati destinati al Pd”. Mi tolga una curiosità: lei legge i giornali? ‘Devo. E sono impressionato dal caos attorno all’amministrazione capitolina. Noto che con i guai di Raggi i grillini si scoprono garantisti, meglio tardi che mai. Ho visto pure che i giornali hanno pubblicato la notizia delle polizze a interrogatorio in corso. Da avvocato dico che il segreto istruttorio andrebbe rispettato per tutelare la dignità dell’indagato”. La giustizia non funziona, che scoperta. “La riforma del processo civile è prioritaria, le lungaggini in tribunale fanno scappare gli investitori”. Secondo lei, Renzi torna a Palazzo Chigi? “Lo decideranno gli italiani”. Elezioni a breve? “Prima è meglio”. La batosta del 4 dicembre ha comportato le dimissioni di uno soltanto. “Matteo si è caricato dell’intera responsabilità della sconfitta con un gesto che non ha eguali nel nostro paese. Senza di lui che senso avrebbe la mia esperienza politica?”.

Di più su questi argomenti: