Federica Guidi (foto LaPresse)

Tempa Rossa che non lo era

Redazione

Archiviazione per l’ex ministro Guidi. Ma Renzi dovrebbe rifletterci

La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione delle accuse che avevano interessato Federica Guidi, inducendola a dimettersi da ministro dello Sviluppo economico. La vicenda su cui si era appuntata l’indagine originaria della procura di Potenza riguardava eventuali confidenze tra la Guidi e il suo fidanzato in merito a una legge sui porti, peraltro nota e discussa in Parlamento. Su quell’esile filo si era costruita una trama investigativa che aveva a sua volta provocato un terremoto mediatico e quindi le dimissioni del ministro. Ora si vede che quella fragile costruzione non aveva basi giuridiche, ma naturalmente le conseguenze politiche sono irreparabili. Non è il primo caso e non sarà l’ultimo, in un paese in cui la norma garantista dell’innocenza fino a condanna definitiva non viene rispettata. Matteo Renzi in quell’occasione non mosse un dito per difendere il suo ministro, forse anche per calcoli di equilibrio politico che non avevano niente a che vedere con la vicenda giudiziaria, esattamente nello stesso modo si era comportato in altri casi, compreso quello del ministro Maurizio Lupi. Ora che può riflettere sui suoi errori per cercare di rilanciare il suo disegno politico, Renzi dovrebbe dedicare qualche attenzione anche a queste vicende, in cui rinunciando a esercitare una funzione di difesa delle garanzie ha finito col portare acqua al mulino del giustizialismo. Certe esagerate aperture di credito nei confronti del commissario Anticorruzione, accompagnate dall’abbandono di chi si trovava indagato in inchieste destinate a finire nel nulla, hanno dato l’impressione che Renzi non sapesse o volesse resistere allo strapotere giudiziario. Anche di questo ha pagato il prezzo.

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