Antonio Campo dall'Orto (foto Lapresse)

Una Rai col botto. Parla Michele Anzaldi

Salvatore Merlo
“Campo Dall’Orto è stato così bravo a scontentare tutti che sostituirlo sarà facilissimo”, dice il deputato del Pd, guerriero della Vigilanza. "Basta guardare i canali della televisione di stato: non c’è più informazione, ma solo intrattenimento. Senza la politica la Rai non funziona. Dov’è il servizio pubblico?"

Roma. E’ iniziata una manovra di accerchiamento, e di espulsione “à la calcolo renale”, dell’amministratore delegato della Rai Antonio Campo Dall’Orto. “Va commissariato”, dice Michele Anzaldi, deputato del Pd, guerriero della Vigilanza, renziano, renzianissimo. “Questa Rai è una tragedia per Matteo. Vanno solo le cattive notizie, altro che televisione del Pd”. Ma non lo dicevate voi: i partiti fuori dalla Rai? “Quello significa che non metti becco nelle nomine, che non acchiappi i direttori dei Tg… Ma qui c’è un disastro in atto. Il servizio pubblico dov’è? In Rai non c’è l’informazione. Dopo cinquant’anni, per la prima volta, la Rai perde la supremazia nell’informazione politica. E per fare cosa? Programmi di intrattenimento come ‘Ricchi e giovani’. E gli diamo 1,6 miliardi più altri 400 milioni per fare la tivù commerciale. Dai. Non funziona”.

 

E ascoltare Anzaldi significa addentrarsi in una selva di umori e malumori, strategie e ipotesi di sganciamento del governo dai vertici della televisione di stato, tutto un intreccio sinfonico che allude a un’esplosione, a un grande botto radio-televisivo. Ma anche, chissà, al fallimento di un progetto, quello di fare in Rai ciò che non era mai stato fatto prima: meno controllo politico, meno lottizzazione. Ma se chiedete di mandare via Campo Dall’Orto non state certificando il fallimento di Renzi? “Ma no. No. No”, risponde Anzaldi con un’inflessione che via via s’inasprisce come il latte quando si guasta col tempo. “Gli sono state date le chiavi di casa. E lui ha fatto bruciare la casa. Renzi non c’entra. Campo Dall’Orto non è un uomo del Pd. Era solo quello con il miglior curriculum”. Tra un po’ direte: “Campo dall’Orto chi?”. Silenzio sornione. Poi: “Chi?”.

 

E allora Anzaldi pronuncia la frase come se lasciasse scivolare perle lungo un filo: “Fa solo gaffe. Gaffe su gaffe. Taglia conduttori, e perde ascolti. Pasticcia sui contratti, e si espone alla magistratura contabile. Va commissariato. Non ne imbrocca una”. E chi lo commissaria, il governo? “Secondo me anche la magistratura contabile, la Corte dei Conti può intervenire. Io lo dichiaro subito: se l’Usigrai, il sindacato interno, si tira indietro, l’esposto alla corte dei conti contro la dirigenza della Rai lo faccio io da privato cittadino”.

 


(foto LaPresse)


 

Anzaldi va alla guerra. Ma per conto di Renzi? Insistiamo: se Campo Dall’Orto fallisce, non fallisce anche Renzi che lo ha voluto, investendo un capitale di parole e di suggestioni intorno alla “nuova” Rai? “Renzi lo ha preso come comandante della nave.  Ma lui la nave non la sa guidare. Il renzismo è anche questo: se sbagli ne paghi le conseguenze”. Va bene. Ma tecnicamente come si fa: come si fa a commissariare l’amministratore delegato della Rai? “Lo sfiduci. Una cosa di cui non si parla mai, per esempio, è che il famoso ‘job posting’, cioè le nuove regole sul reclutamento, vale anche per i direttori dei telegiornali. Ebbene il job posting non è stato applicato nemmeno lì. Dunque tra un po’ la Rai si troverà anche senza i direttori dei telegiornali”.

 

E chi li annulla gli incarichi? “La Rai stessa. Il consiglio d’amministrazione deve rivolgersi all’amministratore delegato e chiedergli conto e ragione di quello che sta combinando”. Insomma Anzaldi immagina e descrive una guerra termonucleare. Sembra tutto abbastanza complicato. “Complicatissimo. Ma come vedi dentro la Rai non funziona più nulla”. Dubbio malizioso: non è che bombardate Campo Dall’Orto perché un po’, in realtà, lui la politica l’ha messa fuori dalla Rai? Il Parlamento conta meno, e la cosa comprensibilmente infastidisce tutti i partiti. “Ma sono solo io che denuncio lo stato sfasciato delle cose! Gli altri stanno tutti zitti”. Veramente risultano molto attivi anche Gasparri, Brunetta, e Romani… “Ma no. Hanno fatto polemiche legate soltanto alla nomina dei direttori dei tg perché lì c’è la spartizione e volevano tentare d’avere voce in capitolo. La lettera a Raffaele Cantone l’ho fatta io, gli interventi sui giornali li faccio io, e sono io che ho tirato in ballo l’Usigrai. Anche i Cinque stelle stanno zitti. Anche a loro interessa soltanto intervenire quando devono attaccare (o proteggere) quelli che in tivù gli danno più o meno spazio”. E si capisce che quello delle telecomunicazioni, in Italia, è sempre, e ancora, un paesaggio tormentato: vi sono ostinazioni politiche irte come scogliere. E intrecci. E pasticci. Pratiche acrobatiche e tristi.

 

“Ma la politica è fuori”, dice Anzaldi in tono di aperta rivendicazione. “E’ fuori”, ripete. “Solo che ormai è chiaro che con la politica fuori dalla Rai la cosa non funziona più”. Un attimo, prego. Sono parole impegnative queste: era Renzi che diceva i partiti fuori dalla Rai. Vi rimangiate tutto? “Ma è così. Basta guardare i canali della televisione di stato: non c’è più informazione, ma solo intrattenimento. Senza la politica la Rai non funziona. E anche lo sport non va, l’ha scritto pure Aldo Grasso ieri sul Corriere. Dov’è il servizio pubblico? In Rai non c’è. Allora ha ragione Urbano Cairo, che forse vorrebbe un pezzo di canone per La7”. Ci sono meno talk-show. “Hanno chiuso ‘Ballarò’ dall’oggi al domani… scandaloso”.

 

Ma a lei, Anzaldi, ‘Ballarò’ non piaceva: lei fece a pezzi Massimo Giannini. “Io sostenevo che alcune cose dette da ‘Ballarò’ fossero estremamente faziose. Ma se un prodotto non funziona alla perfezione non è che lo chiudi… lo rilanci”. Rai3 ha lanciato un altro programma, stesso giorno stessa ora: “Politics”, con Gianluca Semprini. “Dura la metà e fa la metà degli ascolti di ‘Ballarò’. Ed è una trasmissione senza contraddittorio, dunque noiosa. Una formula sbagliata”. Diciamo che non c’è lo spettacolo di sbranamenti e di calci in bocca tra politici, quella specie di gioco di società inselvatichito che ha giustamente convinto gli italiani di essere migliori dei loro rappresentanti. Non è meglio, senza? “Sì. Ma non puoi sperimentare in prima serata. Non levi una portaaerei come ‘Ballarò’ per sostituirla con una barchetta costruita da te”.

 


"Politics" di Gianluca Semprini (foto LaPresse)


 

E insomma va tutto malissimo, dice Anzaldi, e per questo c’è una strategia per mandare via Antonio Campo Dall’Orto. “Lo schema è questo: il consiglio d’amministrazione lo sfiducia, poi arriva un commissario, poi si nomina un nuovo amministratore delegato”. Votato dal cda su indicazione del governo. “Sì”. E i partiti si mettono d’accordo? “Campo Dall’Orto è stato così bravo a scontentare tutti che sostituirlo sarà facilissimo”. Scontentare tutti sembra un complimento, però. “Quello è scarso, dai retta. Lo mandiamo via”. E’ più facile che si dimetta, se continuate. “Non si dimetterà. Né lui né Monica Maggioni. Non hanno dove andare”. E davvero la Rai è il solito teatro di crudeltà, astuzie e miserie. Irriformabile. Forse irredimibile.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.