Oltre le battute sull'Ordine dei giornalisti. Renzi ha i numeri (in Parlamento) per abolirlo

Luciano Capone
La posizione del premier è netta, ma quel “toccasse a me” lascia intendere che sia una scelta che andrebbe incontro a molte resistenze, difficile da far passare. In realtà la soppressione dell’Odg potrebbe ricevere un supporto ampio e trasversale in parlamento.

“Come sapete, seguendomi da qualche anno, la mia posizione sull’Ordine dei giornalisti è che, toccasse a me, lo abolirei domani mattina”. Così ha risposto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alle osservazioni del presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino nel corso della consueta conferenza stampa di fine anno. La posizione del premier è netta, ma quel “toccasse a me” lascia intendere che sia una scelta che andrebbe incontro a molte resistenze, difficile da far passare. In realtà la soppressione dell’Odg, qualora presentata dal premier, potrebbe ricevere un supporto ampio e trasversale in parlamento: oltre al Pd, partito di maggioranza relativa e di cui Renzi è anche segretario, risponderebbero affermativamente anche le principali forze di opposizione, dal Movimento 5 stelle alla Lega Nord passando per Forza Italia.

 

Nei tempi recenti il partito di Beppe Grillo è stato uno dei più attivi fautori dell’abolizione dell’“albo mussoliniano dei giornalisti”, prima attraverso una raccolta firme per un referendum e poi, dopo l’ingresso in Parlamento, con un paio di proposte di legge: al Senato, sottoscritta da 53 senatori pentastellati con primo firmatario Vito Crimi, e alla Camera su iniziativa del deputato Giuseppe Brescia secondo cui “l’Ordine dei giornalisti non ha ragion d’essere”.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda c’è la Lega Nord che nel corso della sua storia si è più volte espressa contro il valore legale del titolo di studio e per l’abolizione dell’Odg, sottoscrivendo alcune proposte di legge in tal senso. La posizione non è cambiata con la nuova leadership, visto che recentemente Matteo Salvini ha dichiarato che “l'Ordine dei Giornalisti non serve a niente”.

 

Anche Forza Italia, soprattutto nella sua fase iniziale più liberale e liberista, si è fatta portatrice di varie proposte di smantellamento di ordini e corporazioni: nel 1995 Silvio Berlusconi, allora capo dell’opposizione, sottoscrisse i referendum dei Radicali, compreso quello per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti e anche dopo la trasformazione in Popolo della Libertà gli azzurri hanno presentato diverse proposte per chiudere l’Odg.

 

[**Video_box_2**]Ci sono anche altre forze parlamentari, numericamente più piccole, che appoggerebbero la proposta del premier. Probabilmente i centristi di Scelta Civica per la loro impostazione liberale. Forse la destra di Fratelli d’Italia visto che fu uno dei suoi padri nobili, Pinuccio Tatarella, a proporne la soppressione nel 1992 da deputato del Msi: “Gli albi hanno una sola ragion d'essere, quando siano non solo aperti ma facoltativi e quando l'esercizio della professione giornalistica sia libero a tutti”, scriveva. Sicuramente i radicali, ora sparpagliati in vari partiti, che storicamente sono stati i portabandiera di questa riforma sin dagli anni ’70.

 

A ben guardare l’idea di Renzi sarebbe una delle poche riforme che in questo Parlamento potrebbe ottenere se non l’unanimità una larghissima maggioranza, sia alla Camera che al Senato. L’abolizione dell’ordine riceverebbe anche l’approvazione postuma di un padre costituente come Luigi Einaudi: “Albi di giornalisti! Idea da pedanti, da falsi professori, da giornalisti mancati, da gente vogliosa di impedire altrui di pensare colla propria testa", scriveva nel 1945 il futuro Presidente della Repubblica. E poi continuava: "Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire o che semplicemente sentono di poter dire meglio o presentar meglio la stessa idea che gli altri dicono o presentano male…L’albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali