Rischi e opportunità (anche per l'Italia) nella Cuba post disgelo

Andrea Goldstein
La visita all’Avana di Renzi e i piani di Obama per aprire l’economia dell’isola con il necessario aiuto del Congresso americano

I cubani lo chiamano “17D” e simboleggia l’inizio dello storico processo di disgelo tra Stati Uniti e Cuba annunciato da Barack Obama e Raúl Castro. E’ passato meno di un anno dal 17 dicembre 2014 e i progressi sono già chiari: pieno ripristino delle relazioni diplomatiche, rimozione di Cuba dalla blacklist americana del terrorismo e del traffico di persone, regole nuove per i viaggi sull’isola, il commercio, le transazioni finanziarie e alcune operazioni delle imprese statunitensi. Sebbene le principali disposizioni dell’embargo economico degli Stati Uniti siano codificate dalla legge, e quindi solo il Congresso può eliminarle, le nuove misure di Obama stanno già producendo alcuni effetti significativi. Nei primi nove mesi del 2015, in un contesto di aumento generalizzato di turisti stranieri (tra i quali gli italiani), il numero di visitatori statunitensi a Cuba è cresciuto del 60 per cento. Combinato alla liberalizzazione delle rimesse dagli Stati Uniti, ciò produrrà un incremento di flussi monetari che potrebbero addirittura raddoppiare nei prossimi due anni. In più cresce la speranza che la fine dell’embargo sia vicina e numerose sono le società americane alla ricerca di nuove opportunità di business. Tra gli accordi già raggiunti figurano quelli con Airbnb, Netflix, IDT e Stonegate Bank.

 

Molte sono le missioni straniere a Cuba, tra le quali la visita del presidente del Consiglio Matteo Renzi che è arrivato ieri all’Avana per mostrare il sostegno politico dell’Italia, aprire opportunità di business e fornire assistenza tecnica. Negli ultimi anni Cuba si è aperta agli investimenti esteri, grazie a una nuova legge e alla costruzione delle Zona Especial de Desarrollo Mariel (Zedm). Rimangono tuttavia ostacoli seri da superare. Da un lato, c’è incertezza sul processo cubano di riforme economiche e sulle intenzioni di Raúl Castro. L’Avana dovrà permettere effettivamente le attività autorizzate da Obama, in particolare nelle telecomunicazioni, nel settore bancario e nel trasporto marittimo (traghetti e crociere), oltre che il commercio con i piccoli imprenditori privati dell’isola, l’apertura di uffici, punti vendita e magazzini e l’assunzione di lavoratori cubani.

 

[**Video_box_2**]Dall’altro lato, Obama dovrebbe usare la sua autorità esecutiva per ampliare al massimo possibile i legami economici. Il requisito che i viaggi educativi, peraltro costosi, debbano essere in gruppi organizzati limita il flusso di visitatori statunitensi a Cuba. Tra i piani di Obama c’è quello di ristabilire i voli di linea regolari a Cuba e permettere ai viaggiatori di organizzare i propri viaggi, il che ridurrebbe i costi e vanificherebbe di fatto la proibizione al turismo. Apparentemente Obama ha pronto anche un piano per facilitare l’uso di carte di credito sull’isola e l’accesso di Cuba a linee di credito per gli acquisti di prodotti agricoli americani che attualmente si effettuano con pagamenti in contanti e in anticipo. Infine ci sono ancora tante questioni eminentemente politiche da risolvere, in particolare la restituzione del territorio di Guantánamo, il rispetto dei diritti umani sull’isola, le compensazioni per le proprietà americane confiscate dopo la rivoluzione cubana e l’embargo che il Presidente vorrebbe sopprimere ma per cui ha bisogno del sostegno del Congresso. Non ci sono più dubbi a questo punto che il 17D abbia segnato un cambio di rotta di straordinaria rilevanza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba. In ogni caso sono imprescindibili ulteriori azioni da parte di entrambi i paesi per rendere tali relazioni finalmente “normali”. E il sostegno della comunità internazionale, anche dell’Italia, è cruciale.

 

 

Gli autori sono rispettivamente Managing director di Nomisma e professore di Scienze Politiche della Georgia Regents University (Augusta, Stati Uniti)

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