Manifestazione di curdi in Iran (foto LaPresse)

Scontri nel Kurdistan iraniano

Adriano Sofri
Il sommovimento del vicino oriente non poteva non coinvolgere il Kurdistan iraniano (per i curdi Rojhelat, “oriente”, mentre Rojava vuol dire “occidente”). Vi vive la seconda popolazione curda per numero, dopo quella turca: tra gli 8 e i 10 milioni. Endemica da sempre, la ribellione curda ha ripreso negli ultimi mesi la lotta armata nelle città.

Il sommovimento del vicino oriente non poteva non coinvolgere il Kurdistan iraniano (per i curdi Rojhelat, “oriente”, mentre Rojava vuol dire “occidente”). Vi vive la seconda popolazione curda per numero, dopo quella turca: tra gli 8 e i 10 milioni. Endemica da sempre, la ribellione curda ha ripreso negli ultimi mesi la lotta armata nelle città. Due giorni fa, a Shno, una cittadina a sud di Urmia-Orumieh, uno scontro è costato 8 morti fra i combattenti curdi e 6 fra le Guardie rivoluzionarie iraniane, compreso un vicecomandante cittadino. Dalla primavera scontri a fuoco con numerose vittime si sono moltiplicati nella provincia di Sardasht, a gran maggioranza curda, dove le forze iraniane hanno fatto ricorso anche all’artiglieria. L’intrico di inimicizie, alleanze e strumentalizzazioni è in questa regione iperbolico. Teheran ricorre a una repressione spietata, che comprende esecuzioni, carcere duro e torture, nei confronti degli oppositori curdi, rappresentanti di una nazione discriminata economicamente e culturalmente. Con divisioni interne, i militanti curdi dell’Iran sono fortemente legati al Pkk curdo di Turchia, che ha le sue basi militari in esilio nei monti Qandil, nel Kurdistan iracheno. Nemici del governo turco di Erdogan, i combattenti del Pkk sono appoggiati dal governo iracheno, nemico a sua volta della Turchia. In genere, la dannazione dei curdi è di essere appoggiati dai governi degli stati cui non appartengono e di essere massacrati dagli stati cui appartengono. Inoltre i curdi iraniani sono in gran maggioranza sunniti, e relativamente laici, mentre il governo iraniano è sciita e teocratico. Nel Kurdistan iracheno, dominato da due grandi partiti territoriali e tribali, uno dei due, il Puk, è più vicino all’Iran – con cui del resto confina – mentre l’altro, il Pdk, è in ottimi rapporti con la Turchia. Ma il Puk è anche il più vicino sia al Pkk che al partito curdo iraniano.

 

Ancora: il Puk di Suleymaniah e di Kirkuk, che fa i conti con la vicinanza e l’influenza iraniana, è il più direttamente in conflitto con i “paramilitari” delle milizie sciite irachene Hashd al Shaabi, organizzate alla stregua delle Guardie rivoluzionarie iraniane e ai loro stretti ordini. L’infiammarsi degli scontri armati fra curdi e truppe governative in Iran fa intravvedere una replica iraniana della guerra intestina in Turchia, e moltiplica le contraddizioni fra gli attori della regione, che oggi indeboliscono fino al grottesco la lotta contro il sedicente Califfato, e domani assicurano una gran fioritura di ulteriori guerre fra stati e interposti popoli. Che hanno una sola, utopica alternativa: una ricostruzione federale dell’intera regione. Utopica, come sarebbe stata l’idea di una federazione europea durante la Seconda guerra mondiale…

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