Zdeněk Zeman (Foto LaPresse)

PANCHINA CON VISTA

Cari rosiconi, il ritorno di Zeman è una bella notizia

Maurizio Crippa

In un mondo di amministratori delegati delle panchine e curatori fallimentari di utopie calcistiche il boemo ci mancava

Se invece che a me, chiedeste al titolare di una ex rubrica di cieca fede mourinhista se possa essere vero che una squadra giochi contro il suo mister, vi risponderebbe come Michele Serra risponderebbe alla domanda: ma è vero che al Pd si fanno male da soli, perché odiano il mister? Certo che è possibile. Succede in quasi tutte le squadre. Alla squadra che fu del Filosofo, ad esempio, un allenatore che non sia odiato fino all’auto-affondamento lo trovano una volta ogni quarant’anni. Figurarsi a Pescara.

 

Detto questo, nella domenica annoiata della scissione, il 5 a 0 del revenant Zeman, prima vittoria di una squadra che non aveva mai vinto, è una notizia splendente come il primo sole di primavera. Perché non può essere ridotta agli ignobili seppur fisiologici malumori di spogliatoio. Né può essere attribuita a virtù taumaturgiche che il Gran Boemo non ha mai avuto, né preteso di avere. È soltanto uno di quei segnali a ciel sereno che riappacificano con il calcio come scienza inesatta della corsa (“non ho trovato bene i ragazzi fisicamente. Martedì cominciamo a lavorare sul serio, faremo i mille metri e anche i gradoni”) e della geometria in campo. Del gioco come una cosa bella se vai all’attacco e fai tanti gol. Della psicologia che conta meno di una sana Weltanschauung dello sport come variabile indipendente dai risultati. È tornato Zdenek Zeman, e in un mondo di amministratori delegati della panchina e di curatori fallimentari delle utopie calcistiche è soltanto una bella notizia. Poi domenica magari le buscherà dal Chievo, e i rosiconi che lo detestano perché non hanno un grammo di fantasia faranno festa. Ma per oggi, facciamo festa a Pescara, provincia di Zemanlandia.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"