Rocketman

La recensione del film di Dexter Fletcher, con Taron Egerton, Jamie Bell, Richard Madden, Bryce Dallas Howard, Gemma Jones

Mariarosa Mancuso

Speriamo totalizzi (almeno) uno spettatore in più di “Bohemian Rhapsody”, l’omaggio a Freddie Mercury: gli applausi vanno a lui e ai Queen, non al film che ha regalato l’Oscar per il migliore attore a Rami Malek. In certe scene, tra capelli lunghi e denti a staccionata, è difficile appassionarsi. Un divertente video di Thomas Flight mostra il dilettantesco montaggio, anche questo premiato con l’Oscar: ha più stacchi una conversazione che un combattimento dei “Transformers”. Elton John fa il suo trionfale ingresso alla riunione degli Alcolisti Anonimi vestito da diavolo luccicante di paillettes, avanzando sulle zeppe, con occhiali che un tempo si chiamavano “da diva”. Torna all’infanzia, ai genitori che non l’hanno mai amato (tra le lamentele, anche il nome Reginald), all’Inghilterra degli anni 40, al pianoforte suonato a orecchio. Ma la strada di “Rocketman” è tracciata, verso il kitsch anche narrativo, che trova la sua apoteosi nella canzone del titolo: forsennato delirio in formato videoclip. Quanto al fatto che tra i produttori figuri Elton John, e al sospetto di narcisismo, cosa vi aspettavate da uno che accoppia giubbetti dorati a scarpe da Mercurio con le alette? Che esibisce le ginocchia nude e si fa fotografare su un divano zebrato? Era voluto supervisionato dai Queen anche “Bohemian Rhapsody”: faceva sparire gaytudine e malanni, per il resto mai un guizzo o un’invenzione. Qui sfilano, secondo il più classico dei copioni punteggiato da intermezzi in musical: l’infanzia difficile e la salvezza che sta nel talento e in un bravo paroliere come Bernie Taupin (l’attore è Jaime Bell: lo avevamo visto debuttare in “Billy Elliot” altro film prodotto da Elton John e scritto da Lee Hall sceneggiatore di “Rocketman”, per parlare di squadre vincenti). L’America, il successo, le droghe, l’uscita dai guai: puntuali – e felicemente kitsch – arrivano gli altri capitoli. il ruolo di Elton John va a Taron Egerton, non si poteva scegliere meglio. Ha la stessa espressione a metà tra l’ingenuità – cosa mi sta succedendo? – e l’incrollabile fiducia nel proprio senso dello spettacolo, nome d’arte e abiti di scena compresi.

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