CREED - NATO PER COMBATTERE

Mariarosa Mancuso

    Il pesce non freschissimo finisce come ingrediente nella zuppa, spiega lo chef Anthony Bourdain in “La grande scommessa” di Adam McKay (candidatissimo agli Oscar, imita la frenesia finanziaria che provocò la crisi del 2008: tante parole in libertà, la maggior parte incomprensibili, e bravura attoriale senza fondamento; tutte cose che non hanno impedito ai critici di cadere nella trappola e di investire sul film). Il pugile non più in grado di combattere – per limiti di età e soprattutto di decenza, sei film con Rocky nella carriera di Sylvester Stallone, settant’anni il prossimo luglio, potevano bastare – finisce allenatore. Restio a tornare in palestra, acciaccato dalla vita e quindi carico di saggezza, cede alle richieste di un giovanotto nero arrivato a Filadelfia per incontrarlo. Il ristorante ha ancora le tovaglie a quadri bianchi e rossi, tanto basta per dare i brividi ai fan e spingere gli altri spettatori a chiedersi: ma quando esattamente Stallone da attore tutto muscoli, pure sbeffeggiato per “Rambo”, è diventato icona, e pure pensante? Il giovanotto – nel prologo lo vediamo orfanello al riformatorio, con le nocche insanguinate dopo una rissa – ha già reso omaggio alla statua di Rocky Balboa, ed è naturalmente figlio d’arte. Di quell’Apollo Creed che, se non abbiamo contato male, era nei primi quattro film della saga (poi arrivò il sovietico Ivan Drago, tutto steroidi e “Io ti spiezzo in due”, e lo spezzò per davvero). Il giovane pugile non ha mai conosciuto il padre, morto prima della sua nascita, peraltro illegittima. Ha un ottimo lavoro da colletto bianchissimo, in una società finanziaria, ma il suo cuore è sul ring. L’attore è Michael B. Jordan – la B sta per Bakari, che in swahili vuol dire “nobile promessa” – già visto, da pochi per la verità, in “Prossima fermata: Fruitvale Station”, chiacchieratissima e lodatissima opera prima del giovane regista. Ragazzo nero morto ammazzato da un poliziotto, la notte di capodanno del 2008: e già allora l’attore, visto da moltissimi nella serie tv “The Wire”, mostrava grande presenza e consumata bravura. Se si guarda il film senza sbuffare troppo – tanto prima o poi arriva la litania sul fatto che si combatte con la testa e con il cuore, non solo con i pugni – è soprattutto merito suo. Il vecchio Rocky cede e torna in palestra, anzi ospita il giovanotto in casa sua, e gli insegna che un balletto riscalda a meraviglia prima dell’allenamento.