LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU

Mariarosa Mancuso

    Se non accorriamo in massa, di chi sarà la colpa? E chi vibratamente protesterà, come è accaduto con “Bella e perduta” di Pietro Marcello? Un film che sembrava imperdibile soltanto a chi non lo ha visto, e se lo ha visto con profitto odia il cinema come noi – e con noi buona parte dell’umanità – lo abbiamo conosciuto e amato finora (la poesia è cosa diversa da troppi Pulcinella, un appello alla conservazione dei Beni culturali, un bufalo che parla nella terra dei fuochi: possiamo dimostrarlo). E dunque: sarà colpa delle strettoie della distribuzione che smonta un film quando gli spettatori sono scarsi? Sarà colpa del pubblico che, signora mia, i film d’autore non li vuole più vedere, figuriamoci i film d’autrice giapponese che in passato già ci ha afflitto con interminabili momenti di noia? (vi dice qualcosa Naomi Kawase, e il titolo “Still the Water”? Se rispondete no, siete fortunati, e mai entrati in rotta di poetica collisione). Sarà colpa dei critici che non ne hanno apprezzato i lunghi silenzi, rotti solo dal fruscio delle foglie e dal “pipiare” – dicesi solitamente di ragù, i napoletani non si offenderanno – dei fagioli nella pentola? Sarà colpa di un titolo che fa pensare a un ricettario, mentre la ricetta è una soltanto: la marmellata di fagioli rossi che i giapponesi usano per farcire i dolcetti, detti dorayaki. Sarà che la ricetta viene data in tempo reale, compreso il riposo dei fagioli dopo la bollitura. Devono raffreddarsi lentissimamente, come facevano le nonne avvolgendo i peperoni arrostiti dentro una coperta, però le nonne non pretendevano che noi bambini rimanessimo a vegliarli per il tempo necessario. Toku, la signora della ricetta, ha 86 anni e le mani deformate dalla malattia (sicuro, questo rende le operazioni in cucina ancora più lente, ma che colpa abbiamo noi se il cinema d’arte si rivela tanto crudele?). Trova lavoro in un chioschetto poco frequentato, praticamente ci va solo una ragazza in divisa da marinaretta con fiocco rosso e treccine. Lo gestisce un tizio piuttosto triste, ma i clienti aumentano quando i dorayaki migliorano. Sono le tre età della vita, e ognuna ha le sue disgrazie (anche perché nessuno si fa mai i fatti suoi). Lo spettatore li capisce molto prima che il film lo sottolinei nei numerosi finali – o almeno così sembrano, ragionando da spettatori d’occidente –  sullo sfondo dei ciliegi in fiore.