
NON ESSERE CATTIVO
Si vedono così pochi attori bravi nel cinema italiano che la naturalezza e la precisione di Luca Marinelli e Alessandro Borghi sorprendono. Il merito va al regista (morto lo scorso maggio, il film è stato terminato dall’amico Valerio Mastandrea), bravissimo a scatenarli evitando lo scivolamento nella caricatura. Il merito va ai dialoghi in romanesco, così ben scritti da sembrare improvvisati, mai fuori registro. Il merito va anche ai due giovanotti che hanno lavorato con impegno. Per esempio, usando il corpo e sporcando le battute: non se ne può più della dizione pulita da “Ho appena finito l’Accademia d’Arte Drammatica”, succede solo in Italia (perfino i francesi imparano la pronuncia adatta per Molière, e poi quando sono sul set la dimenticano). Una bella prova di recitazione e una presenza capace di bucare lo schermo: speriamo non restino appiccicati ai ruoli da piccolo delinquente pasoliniano (la pigrizia dei direttori di casting italiani andrebbe studiata: o scritturano sempre gli stessi attori, o tendono a ridurre le possibilità degli attori bravi, guai a trovare facce nuove o a usare le vecchie in maniera originale). L’anno è il 1995, Vittorio e Cesare sono due ragazzi che spacciano e si drogano. Anche a non volerlo fare, l’ambiente offrirebbe assai poco, al massimo lavori a giornata da manovale. Girano in macchina, bevono, una sera più impasticcata del solito Vittorio ha le allucinazioni e decide di cambiar vita (il costume della sirena spiaggiata in mezzo alla strada non inganna nessuno, a Claudio Caligari la malavita e i marginali interessavano più delle immagini visionarie). Incontra una ragazza con un figlio, la porta a vivere in una casa abbandonata. L’amico Cesare continua a mettersi nei guai, tra l’altro incassando anticipi per televisori al plasma che mai verranno consegnati. Pasoliniano e neorealista fuori tempo massimo Claudio Caligari lo era dal suo primo film, uscito nel 1983 e ormai di culto. Con attori presi dalla strada - perlopiù eroinomani, molti finiti malissimo - era intitolato “Amore tossico”. “Non essere cattivo” è meno ostico e ripiegato su se stesso. Organizza il materiale in una storia con un inizio, uno svolgimento e un finale. Tecnica infallibile per interessare anche lo spettatore meno attratto dalle periferie romane e dai miserabili che tirano a campare.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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