DOM HEMINGWAY

Mariarosa Mancuso

    Prima scena da antologia (sconcia). Nudo nella cella di un carcere, Jude Law celebra quel che ha di più caro, e il regista tiene l'amichetto fuori campo facendo lavorare di immaginazione lo spettatore. “Renoir dovrebbe fargli un ritratto da esporre al Louvre, se potesse salverebbe i bambini somali e vincerebbe un Nobel, andrebbe studiato dagli scienziati, è fatto di titanio, sta ritto un giorno intero come un bravo soldato davanti ai superiori, scatta veloce e mortale come un ghepardo, i regni crollano per causa sua, meriterebbe più sonetti di quelli che Shakespeare ha dedicato alla dark lady”. Cinque minuti di monologo in pesantissimo accento cockney – servono i sottotitoli, se non siete uno scassinatore di casseforti venuto dai bassifondi. Il doppiaggio italiano neanche prova a rifarlo, e questo va bene. Il male sta nell'ostinazione a non usare i sottotitoli, lasciando allo spettatore i brividi garantiti dalla prestazione vocale di Jude Law (degna di Meryl Streep, o di Brad Pitt che in “The Snatch” di Guy Ritchie parlava con accento da zingaro irlandese). Dom – sta per Domingo – Hemingway ha passato dodici anni in carcere, quando esce ha ancora gli stivaletti con il tacco e si accende la sigaretta al pub: “Non si può fumare quando si beve? ma sono idioti?”. Non ha tradito il suo capo Ivan Fontanov che ora vive nel sud della Francia, si fa chiamare Fontaine, ha in casa solo quadri con scimmie cappuccine e macachi: l'attore è Demián Bichir, visto in “Le belve” di Oliver Stone e in “Machete Kills” di Robert Rodriguez. “Tre cose buone che accadono a chi sa aspettare”, annuncia uno dei cartelli che divide “Dom Hemingway” in capitoli. Purtroppo non tutti all'altezza del primo. A differenza di “Sexy Beast” o di “In Bruges – La coscienza dell'assassino”, entrambi con la faccia da schiaffi di Brendan Gleeson, “Dom Hemingway” si perde a metà strada. Sentiamo la mancanza di uno sceneggiatore come Martin McDonagh, campione mondiale nella categoria “a morte i belgi”: “Fucking Belgium Fucking Bruges” scandiva ogni scena del film (accanto a Gleeson, imprecava Colin Farrell). Qui uno dice “fuck”, così come lo vedete scritto, e uno dice “fack”, così come lo vedete scritto. Chi ama il genere sgangherato e violento si divertirà comunque. I contrari fuggiranno dopo la prima scena, se non durante.