LUNCHBOX di Ritesh Batra, con Irrfan Khan, Nimrat Kaur, Bharati Achrekar, Denzil Smith

Mariarosa Mancuso

    La pietanziera indiana – schiscetta per i milanesi – è multipiani: contenitori cilindrici da riempire con il cibo preparato a casa. Insaccata in un pigiamino imbottito che la tiene calda, raggiunge il marito sul posto di lavoro. Se ne incaricano a Bombay 5000 corrieri detti “dabbawallah”, che trasportano ogni mezzogiorno (e riconsegnano alle mogli nel pomeriggio) 160 mila contenitori, “tiffin” nella lingua locale. Un marchingegno perfettamente rodato, fin dalla fine dell'800, tanto da attrarre l'interesse della rivista economica Forbes. In bicicletta e in metropolitana, sfidando il caos cittadino e senza computer – solo colori e numeri, dopotutto sono stati gli indiani a inventare lo zero – ogni sei milioni di pietanziere solo una sbaglia destinazione. Viene in mente Marcovaldo di Italo Calvino, che nella sua schiscetta trovava immancabilmente salsicce (scambiate un giorno con il fritto di cervella del bambino ricco che abita nei dintorni, poi la governante se ne accorge e pianta un putiferio). Film indiano indipendente senza canti né balli (e questo un po' a noi fanatici di Bollywood spiace), “Lunchbox” racconta un pasto di mezzogiorno recapitato all'indirizzo sbagliato. Lo prepara una moglie che intende ravvivare il proprio matrimonio seguendo i consigli della zia: l'amore coniugale passa attraverso lo stomaco. Lo riceve un impiegato prossimo alla pensione, burbero come Scrooge e infastidito dal volenteroso giovane che prenderà il suo posto alla contabilità. Vuole imparare il mestiere, e però nei trasferimenti su treni affollatissimi usa le cartellette come tagliere per le verdure (così si porta avanti, e la sera cucina per la moglie che ritorna tardi). La prima pietanziera torna alla consorte perfettamente ripulita. Il marito non sembra aver apprezzato, quando torna a casa la sera dice stancamente “buono il cavolfiore” quando erano fagiolini. L'indomani la pietanziera riparte con un biglietto scritto a mano infilato tra le sfoglie di pane indiano, colma di altri bocconcini. Seguono altri biglietti e altre specialità della casa. Opera prima di un regista passato per il Torino Film Lab, “Lunchbox” era alla Settimana della Critica di Cannes, dove ha vinto il premio del pubblico ed è stato celebrato dalla critica internazionale. Come “her” di Spike Jonze, racconta una passione solo immaginata, in una città affollatissima e senza bisogno di tecnologie.