IL TOCCO DEL PECCATO

Mariarosa Mancuso

    Il festival di Cannes quest'anno era così ricco che anche il film cinese – di regista premiato con uno dei più punitivi Leoni d'oro veneziani – si poteva vedere senza giurare eterno odio al cinema d'autore. Ricordiamo ancora quel Festival, quando vinse “Still Life” di Jia Zhang-Ke. Andammo tutti a vederlo fuori tempo massimo, nella proiezione di recupero dopo la cerimonia. Compresi i giornalisti stranieri che dopo l'annuncio, in sala stampa, dicevano nelle rispettive lingue ai rispettivi capiredattori: “No, il film che ha vinto il Leone non l'ho visto”. L'avevano proiettato due volte, entrambe a notte tarda, e ognuno nel profondo del suo cuore aveva sperato che il regista cinese non vincesse alcunché, con il suo film ambientato in un villaggetto destinato a scomparire per colpa della diga delle Tre Gole (simbolo della nuova Cina capitalista, da quelle parti ha girato un film anche Gianni Amelio: “La stella che non c'è” con Sergio Castellitto). Da allora non ci siamo più persi un film orientale. Ora però l'aria è cambiata, anche ai festival diretti da Marco Müller: non bisogna assolutamente perdere i documentari italiani, al punto che i festival nazionali somigliano sempre più al Festival di Torino, che sui documentari punta da sempre. Con un certo stupore, “Il tocco del peccato” si lasciava guardare. Vuoi per le quattro storie, legate da qualche personaggio di contorno che torna da un segmento all'altro. Vuoi per gli attori, più espressivi della media (anche i cinesi si infuriano) e con una certa tendenza al melodramma. Vuoi per le esplosioni di violenza spettacolare. Primo episodio: un uomo esasperato  che prende il fucile e spara ai corrotti. Secondo episodio: un lavoratore che torna al paesello e si trova spaesato. Terzo episodio: una ragazza che lavora in una sauna decide di cambiare vita (lasciate ogni speranza, non ci riesce). Quarto episodio: un ragazzo che tra altri impieghi fa il cameriere in un bordello. “Un giorno di ordinaria follia” – il film di Joel Schumacher con Michael Douglas che spara sulla folla (in camicia a maniche corte, da allora consideriamo l'indumento piuttosto sospetto) – moltiplicato per quattro. Eravamo felici per aver visto un film cinese con qualche pregio. Poi abbiamo scoperto che i cultori della materia considerano “Il tocco del peccato” un pericoloso cedimento commerciale del loro idolo Jia Zhang-Ke.