IL GRANDE GATSBY

Mariarosa Mancuso

    Riecco la disputa degli antichi e dei moderni. Come se non fossero passati secoli dal primo litigio di fine Seicento. Come se ogni epoca non avesse avuto la sua rissa in materia. Vinta sempre dai moderni, va ricordato: sono loro ad avere l'ultima parola, e sono loro a scrivere il resoconto dei fatti. Il romanzo fu combattuto perché era dannoso per le fanciulle, il cinema perché rimbecilliva le masse, le altre forme di oppio del popolo che dopo un po' diventano il paradigma dell'alta cultura le abbiamo sotto gli occhi. I moderni di quattro secoli fa avevano per portabandiera Perrault, convinto che bisognasse smetterla di imitare gli antichi e darsi una mossa verso qualcosa di nuovo. Il rivale Boileau riteneva che gli antichi fossero insuperabili, quindi il massimo era copiarli per i secoli a venire. Molto lamentarsi, anche, per l'epoca disastrosa in cui toccava vivere, mentre agli antichi era toccata l'età dell'oro. Solo così possiamo spiegare la levata di scudi contro “Il grande Gatsby” di Baz Lurhmann. Non è un film perfetto, rischia molto e qualche volta sbaglia, ma da qui a rimpiangere il Gatsby girato da Jack Clayton del 1974 ce ne corre. Alla sceneggiatura aveva lavorato Francis Ford Coppola, ma il regista britannico – complice il direttore della fotografia - velò la macchina da presa: gli attori apparivano circondati da un alone celestiale, e il reparto costumi aveva un debole per il bianco. Allora sembrava eleganza sublime, oggi sembra kitsch. A Robert Redford preferiamo Leonardo DiCaprio. Porta meglio il costume da bagno anni 20, con bretelle e calzoncino lungo sulla coscia. Quando finalmente incontra Daisy nella casetta di Nick Carraway – il narratore del romanzo, nel film scrive la storia su consiglio del suo strizzacervelli – è un incanto di imbarazzi e timidezze. Preferirebbe tornare spiantato, e ricominciare la scalata sociale, che guardare la sua bella negli occhi dopo cinque anni. Lui allora era in divisa, lei non aveva capito che fosse povero. Ora ha rimediato, e dà le feste più lussuose di West Egg. Da sole, per coreografie e colonna sonora supervisionata da Jaz-Z (rapper miliardario come Gatsby) valgono il viaggio, e ci fanno sbirciare nel disordine lasciato dagli ospiti. Il resto è puro, fedele, perfino troppo rispettoso adattamento del romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Ci potreste dare un esame, citando dai dialoghi.