COSA PIOVE DAL CIELO?

Mariarosa Mancuso

    Prima dei documentari sugli animali, tappa obbligata per qualunque film in cerca di una scorciatoia atta a suggerire disagio esistenziale, misantropia, umore sotto i calcagni e mondo crudele, c'era lo zoo di vetro. Animaletti fragili in vetro colorato, spolverati con cura maniacale dalla zitella zoppa nel dramma da profondo sud di Tennessee Williams, e nei film ricavati dalla pièce. Uno diretto da Irving Rapper, nel 1950: la ragazza in cerca di marito era Jane Wyman (nella vita prima signora Reagan), il giovanotto inutilmente concupito era Kirk Douglas. Un altro lo ha diretto Paul Newman nel 1987, con Karen Allen nella parte della patetica signorina zoppicante, innamorata persa dell'attore con gli occhi blu. In “Cosa piove dal cielo?”, premio Marc'Aurelio e premio del pubblico all'ultimo Festival di Roma, gli animali di vetro circondano le fotografie della mamma scomparsa (rispolverando il ritrattino che Alberto Arbasino aveva tracciato a proposito di Giovanni Pascoli: “L'orfano settantenne”). Siamo a Buenos Aires, dove Roberto – Riccardo Darín, il magnifico detective di “Il segreto dei suoi occhi” – gestisce un negozietto di ferramenta. Più che vendere, attacca briga con i clienti, che contano i chiodi nelle scatole e se ne trovano uno in meno tornano indietro a protestare. All'inizio, somiglia a uno dei tanti spostati che popolano i film sudamericani da festival. Viene in soccorso dello spettatore un bravissimo regista con il gusto per la comicità strampalata (l'origine ebraica conta e si sente) e una passione per le notizie assurde che si leggono sui giornali. Roberto le ritaglia e le incolla su un album, prima dei rituali casalinghi che impongono lo spegnimento della luce alle undici precise. Mucche che piovono dal cielo su una barca dove un cinesino sta per regalare alla morosa l'anello di fidanzamento, lasciandolo vedovo inconsolabile prima del fatidico “sì”. Freni a mano che cedono all'improvviso, per la foga dello slancio passionale, facendo scivolare l'auto degli amanti in un burrone. Un momento di gentilezza verso un ragazzo cinese, che litiga con un tassista e cerca uno zio all'indirizzo sbagliato, e Roberto se lo ritrova a carico. Comunicano a gesti, perlopiù di stizza. Poi arriverà una bella e cocciuta ragazza campagnola. Si avvicina il momento in cui lo zoo di vetro, tra tante scaramucce, verrà messo di mezzo, rompendo l'incantesimo.