MAGNIFICA PRESENZA

Mariarosa Mancuso

    Il catalogo è questo. Finzione e realtà, arte e vita, travestitismo e trucco, recitazione all'antica e gestualità moderna, dolci e figurine, amori e tradimenti, provini e sesso selvaggio, solitudine e tavole imbandite, allucinazioni e malattie, anni quaranta (del secolo scorso) e boa di struzzo, anni Dieci (del nostro secolo) e stalking a mezzo sms, illusioni e delusioni, Turchia e fascismo, avanspettacolo e cinema d'autore, fare l'amore “ognuno come gli va”. Forse abbiamo dimenticato qualcosa. Per non infierire non abbiamo messo le maiuscole, che nel film lampeggiano in ogni scena e appesantiscono ogni battuta di dialogo. Più che una trama, l'ultimo film di Ozpetek è una dichiarazione di intenti, un'enciclopedia personale, una summa di pensieri stupendi. La trama è poco più che un pretesto (e del resto l'unica sorpresa è stata già spiattellata nei titoli dei giornali). Dobbiamo prenderlo come viene, anche perché il regista tiene alla sua poetica: qualche tempo fa, alla domanda “cosa non vorreste più vedere nel cinema italiano”, qualcuno ebbe l'ardire di rispondere “le cucine di Ozpetek”, ed ebbe in cambio una dichiarazione di guerra. A leggere le critiche, “Magnifica presenza” è stato preso bene. Qualcuno lo colloca in zona capolavoro. Tutti lodano Elio Germano, bravo come non mai. E vedono nel resto del cast, soprattutto la troupe di commedianti che occupa l'appartamento di Monteverde vecchio, infestando le notti e le giornate dell'aspirante attore in cerca di scrittura, un omaggio al grande cinema italiano. Margherita Buy e Vittoria Puccini sono le prime donne, Beppe Fiorello con gli occhi bistrati l'attor giovane, Claudia Potenza una simpatica cameriera. Poco importa se non si capisce dove il film voglia andare a parare, con il suo realismo magico che fa rivoltare nella tomba Federico Fellini e Luis Buñuel e Tennessee Williams (“ho sempre fatto affidamento sulla genitlezza degli estranei”) e Pedro Almodovar. A parte, appunto, il catalogo delle passioni e delle manie che il regista coltiva e spaccia da parecchi anni, deliziando i suoi estimatori. Noi avremmo volentieri dato indietro il manifesto di buona vita e di sublime poetica. In cambio di una storia meglio congegnata, magari con un finale. Ma siamo in minoranza, quindi auguriamo grandi incassi e molti premi.