Come suonerà il mondo del futuro? Due chiacchiere con Raffaele Costantino, con vista sui nuovi paesaggi sonori

Enrico Cicchetti

Conduttore di "Musicalbox" su Rai Radio 2 e divulgatore con il podcast "Clan Acustico" (dal vivo a Milano venerdì al Linecheck Music Meeting and Festival), ma anche produttore e musicista, Costantino immagina come ascolteremo il domani, tra Ai, motori elettrici e creatività digitale

Come suonerà il mondo di domani? I costruttori di auto elettriche stanno già scegliendo le “voci” per i veicoli e nuovi rumori per i motori. È una questione di sicurezza ma anche di appeal: chi comprerebbe una supercar che non romba? Ma soprattutto, chi decide come deve suonare il futuro? Raffaele Costantino, il curriculum per rispondere ce l’ha: conduttore di Musicalbox, tra i programmi più longevi di Radio Rai, direttore artistico e consulente per festival, brand e istituzioni, ma anche producer con il nome d’arte di Khalab. E podcaster: il suo Clan Acustico, una wunderkammer per orecchie curiose, venerdì 21 sarà dal vivo a Milano per Linecheck Music Meeting and Festival, il principale evento italiano dedicato al presente e al futuro della musica. “I creativi saranno parte attiva nel processo di sonorizzazione del mondo. Quando Bmw deve scegliere come far suonare le sue auto elettriche, chiede al compositore hollywoodiano Hans Zimmer di sviluppare quell’immaginario sonoro. I suoni nuovi andranno inventati e assegnati a tecnologie che non producono più rumori meccanici. Il mondo sonoro del futuro lo immagino più silenzioso, ma anche più sartoriale, fatto su misura”. 

   
Partiamo dalla prima ipotesi. Del resto viviamo già una realtà dove gli elettrodomestici sono quasi muti: lavatrici, lavastoviglie e frigo di nuova generazione sono iper-silenziosi. Il silenzio come lusso. “Il grosso del rumore nelle città oggi è dovuto ai motori: aerei, auto, camion, ma pure climatizzatori... Sono andato a Riad per suonare e ho portato con me il mio registratore: ero curioso di capire se fosse possibile ricercare le tradizioni musicali anche in un non-luogo come quello. Nelle registrazioni sentivo sempre un ronzio di fondo, che copriva persino le preghiere dei muezzin. Era il suono delle migliaia di climatizzatori di una città in mezzo al deserto. Paradossalmente, quello è il suono della sopravvivenza. Forse un giorno sound designer e ingegneri lo sostituiranno con qualcosa di più armonioso”. Con meno rumore meccanico, cambierebbe lo spettro sonoro delle città. “Se sotto casa passano cento Tesla invece di cento turbodiesel, potrai ascoltare gli uccelli, il vento, i bambini che giocano. Come sempre, la tecnologia muta lo scenario”. Con la sua etichetta Hyperjazz, Costantino ha lavorato a Il suono della trasformazione per il Comune di Roma: produttori elettronici hanno registrato i cantieri della città e li hanno trasformati in musica. “Come i rumori di oggi anticipano un ambiente più armonioso, così i cantieri di oggi renderanno Roma più vivibile domani. Se Piazza Venezia diventa un’area verde, è chiaro che la città suonerà diversamente”.

    

Ma torniamo all’idea di un mondo fatto di “suoni su misura”. Che significa? “Arriverà il momento in cui potremo costruirci il nostro suono. Con l’AI potrò generare ciò che voglio ascoltare senza cercare una playlist: apro qualche app e creo la mia musica. Magari la pubblico anche”. Il dibattito, pure in campo musicale, è aperto. “L’AI darà più possibilità ai creativi, ma dal punto di vista artistico siamo protetti. La macchina sa tutto e quindi non ha bisogno di impostare la propria personalità, la propria narrazione, il proprio modo di suonare, in base a ciò che sa. Ma invece è proprio lì che si formano le visioni artistiche, le timbriche individuali. Dai limiti, dalle mancanze. Penso ai musicisti delle campagne del Congo belga che, arrivati nel caos di Kinshasa, dovevano amplificare gli strumenti autocostruiti. Queli amplificatori generavano distorsioni enormi, ma da lì è nata la Congotronics: una rivoluzione estetica, musicale, dovuta a una mancanza di mezzi. È questa imprevedibilità che fa la differenza. Quando ascolti musica prodotta in serie, te ne accorgi: manca l’arte. Quando invece ascolti qualcosa che non ha nulla a che vedere con ciò che avevi ascoltato fino a quel momento, allora ti rendi conto che stai ascoltando della personalità, un’esigenza, un’esplosione di creatività”.

 

Se c’è da inventarsi il suono del futuro, c’è anche la dinamica opposta: oggetti sonori che tornano come memoria. Il fruscio del vinile, il click dei pulsanti che impostiamo su schermi smart altrimenti silenziosissimi. È il “rumore” come nostalgia. “Il suono bypassa la razionalità e va alle emozioni. Ecco perché il vinile funziona: quelle imperfezioni ci parlano ancora. I suoni dei telefoni digitali sono voci del futuro ma ereditate dal passato. Quando quel ricordo svanirà, saranno sostituiti da nuove sintesi. Il rischio è che l’innovazione venga frenata dall’àncora delle tradizioni. Il confine e la tradizione sono fondamentali nel nostro background, ma devono trovare un posto nuovo per permetterci di andare avanti”.
 

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti