dal profilo Instagram di Peppi Nocera
Quanto è dura essere pop
Peppi Nocera e l'arte di rendere sublime il banale
Nel disco "Materiale sensibile" ci sono esaurimento e noia, disincanto e cinismo. C'è l'Italia intera, che ha ancora bisogno di una melodia vera che non sia un hashtag, di una lente deformante sulla realtà che permetta di ridere e pensare allo stesso tempo
Se “giudichiamo il libro dalla copertina” – anzi, l’album, l’ellepi come si diceva una volta – direi di sì, esiste eccome. Già dalla copertina si capisce tutto: una citazione con sberleffo del padre della pop art mondiale Andy Warhol, quello che con The Velvet Underground & Nico creò il leggendario album con la banana gialla in copertina. Qui, pari pari, ci sono le stesse grafiche, gli stessi colori, ma al posto della banana c’è una melanzana. Dichiarazione d’intenti: si vola alto, ma visto che la realtà fa schifo, la si dileggia con stile.
Il disco di cui vi voglio parlare si intitola "Materiale Sensibile" ed è di Peppi Nocera, autore che è la quintessenza del pop italiano. Pop nobile, perché – sia chiaro – il vituperato pop è più della boxe “la nobile arte”. Nocera ha fatto e fa televisione orgogliosamente pop: da Non è la Rai ad Amici, da X Factor all’Isola dei Famosi, passando per quella tv di massa che oggi è diventata quasi un oggetto di archeologia sentimentale. Sempre presente nel momento della scintilla, quando nasce qualcosa: un programma, un tormentone, un linguaggio nuovo. Poi, sopraffatto dalla noia, scappa verso nuovi lidi, che riabbandonerà prestissimo con uno squassante sbadiglio.
E’ un osservatore della società da un punto di vista privilegiato, e dai suoi testi emerge una divertita intolleranza tendente al depressivo verso i tempi che stiamo vivendo. Nocera fa musica da molti anni, sempre con un occhio di riguardo per il mondo camp, per ciò che è eccessivo e finto, ma sincero nel suo esserlo. C’è dentro il gusto per gli anni 80, l’ironia di un Pet Shop Boy stanco, un po’ Frankie Goes to Hollywood e un po’ Ricchi e Poveri in versione dark. Negli ultimi anni si è divertito con un progetto ambizioso, nascondendosi dietro allo pseudonimo “La Badante”: un album intero di cover dei Fangoria, gruppo spagnolo semisconosciuto da noi ma bandiera pop della comunità lgbt iberica. Loro sono un po’ Loretta Goggi e un po’ Donatella Rettore, ma con la scrittura di Almodóvar e i beat di un club madrileno. Una meraviglia per chi sa cogliere il kitsch come categoria dell’anima.
Ora Nocera esce allo scoperto con il suo nome e cognome, e produce un disco sorprendentemente coerente, musicalmente solido, scritto bene, suonato meglio. "Materiale sensibile" si apre con una canzone dedicata alla sua città, Roma. Sembra che Nocera – trapiantato a Milano da una manciata di lustri – sia un romano pentito, che non rinnega ma conosce i difetti della città in cui è nato: “Mi hai rotto il cazzo con la tua brutalità; Roma, dei buiaccari coca cinema e tivù che vanno a feste tra mignotte e sangue blu, il ritocchino a Vigna Clara è una realtà e a ponte Milvio dei viziati in micro car…”. Che gli vuoi dire? Certo Roma non è tutta così, ma è anche così. La prima traccia vale, come si dice in questi casi, “il prezzo del biglietto”. Anche se lui ci tiene a precisare: “Questa spina non è che malinconia, sei stata sempre o non sarai per sempre mia”. Insomma, come diceva Ferradini in Teorema, caro amico parli da uomo ferito. E’ amore non corrisposto fino in fondo.
Poi arriva “Mi fanno male i capelli”, la seconda traccia, “dimostrazione plastica” – direbbe la Santanchè – di quella sottile intolleranza verso tutto, tipica dell’autore. Il dolore arriva oltre il corpo, fino al bulbo. E’ un dolore immaginario, visto che Nocera di peli in testa non ne ha più da anni, ma metaforico, quasi filosofico. Il titolo viene da una battuta di Monica Vitti in "Deserto Rosso" di Antonioni, che a sua volta citava la poetessa Amelia Rosselli: un gioco di rimandi che da solo basterebbe a spiegare il concetto di pop colto.
Sembra un grido di dolore della sinistra, ma anche una arringa contro la gauche radical chic, “di stanza a Capalbio”. La risultante è una sola: vince la destra. Insomma, siamo alla versione colta di Comunisti col Rolex di J-Ax & Fedez. La musica è elegante, moderna, ma con orchestrazioni classiche quando serve. D’altronde c’è Lucio Fabbri alla produzione: un artigiano della perfezione, come se Carletto Ancelotti allenasse un gruppo indie. Fabbri orchestra, lima, dosa, aggiusta, e Nocera canta con quella voce da dandy disilluso, metà ironia e metà confessione.
Nocera conosce bene il mestiere: sa che oggi essere pop è difficile. Non basta una melodia o un ritornello, serve una visione. E lui ce l’ha. "Materiale sensibile" non è un esercizio di stile, ma un gesto quasi politico: il tentativo di riabilitare la parola “pop” in un paese che ha smesso di crederci. Perché il pop, quando è fatto bene, non è evasione: è una lente deformante sulla realtà, che ti permette di ridere e pensare allo stesso tempo. E’ l’arte di rendere il banale sublime, il quotidiano memorabile.
C’è anche spazio per l’amore, quello più puro. Qui, in "Vola colomba" si scomoda Nilla Pizzi, la madre di tutte le icone forever and ever. Qui la colomba ovviamente parte da lui e va a lui. Lui che “io non so che fa quando va via di qua, vorrei attaccarmi al suo citofono e non c’è campo nel telefono”, però visto che l’autore tende a un consapevole cinismo finisce dicendoci che è “seccato e contrariato da questo amore, colomba vola libera e sola e non tornare più”. Insomma, mi va bene l’amore, ma alla mia età pure che palle, ecco.
Poi c’è il manifesto culturale dell’autore: la noia, l’esaurimento, il disincanto, il cinismo. La canzone si chiama "Esaurimento nervoso permanente" ed è zeppa di citazioni : Il DSM degli psichiatri, le macchie di Rorschach, Carmelo Bene, Alda Merini, il test del Minnesota. Tutto questo ben di Dio su una musichina scema, ma scema apposta, perché come diceva Servillo nel film d’esordio alla regia di Sorrentino "L’uomo in più", “a’ vita è na strunzata!”.
Voglio essere chiaro: non è per niente un album triste, qui non siamo a "Malinconoia" di Masini 35 anni dopo, sia chiaro. Anzi, si sorride assai delle nostre miserie. C’è un’Italia intera dentro questo disco: l’Italia del sarcasmo e della malinconia, del talento che non si prende sul serio, della festa che finisce sempre un po’ prima del previsto. E’ il paese che un tempo ballava con Raffaella Carrà e oggi scrolla su TikTok, ma che ogni tanto ha ancora bisogno di una melodia vera, di una parola che non sia un hashtag. Peppi Nocera lo sa e ci gioca. "Materiale sensibile" è un disco che ti fa venire voglia di riascoltare la parola “pop” senza sentirti in colpa. Perché, in fondo, essere pop oggi è un atto d’amore per la realtà, anche quando la realtà non lo merita.