Archeologia dell'anima

La tempesta, Brad Pitt e l'incubo. Così Asaf Avidan ha ritrovato il suo suono

“Ogni disco è un viaggio dentro di me, fino all’universale”. Con Unfurl il cantautore israeliano torna dopo cinque anni con otto brani che scavano nell’anima. “Non scrivo per le radio o per gli algoritmi, ma per restare fedele alla mia visione”

“Oggi nel mondo della musica, come altrove, la classe media è sparita: pochi artisti fanno numeri enormi sulle piattaforme digitali, gli altri sopravvivono. Io ho deciso di non inseguire nulla, solo di essere fedele alla mia visione. Questo non è un album pensato per le radio o per gli algoritmi”. Con queste parole Asaf Avidan introduce al Foglio il suo ultimo progetto discografico, Unfurl, uscito a cinque anni di distanza dal precedente Anagnorisis. L'album si costruisce attorno a una sezione ritmica jazz suonata dal vivo, arricchita da un’orchestra al completo. Otto tracce in cui si fondono nostalgia e modernità per esplorare temi profondi come la mortalità, la paura e la ricerca del senso della vita. Il cantautore, nato a Gerusalemme nel 1980, ha mosso i primi passi nella musica nel 2006 pubblicando tre album insieme ai The Mojos, per poi dedicarsi alla carriera solista. La sua voce androgina, la scrittura viscerale e la capacità di passare con naturalezza dal folk al pop orchestrale lo hanno reso uno dei cantautori più originali degli ultimi anni. Con questo nuovo lavoro, che presenterà in concerto il 28 ottobre all'Alcatraz di Milano, Avidan sembra raggiungere un nuovo grado di consapevolezza. Per l'artista infatti “ogni disco è come uno scavo archeologico dentro me stesso, ognuno va più in profondità nel tentativo di capire me stesso e, paradossalmente, arrivare a qualcosa di universale”.

 

Cosa è cambiato in lei e nella sua musica negli ultimi anni?
Ho cercato di scrivere per due o tre anni, ma nulla mi sembrava buono. Sentivo che tutto era cambiato, dentro e fuori di me, e che i brani che scrivevo potevano essere usciti dieci anni fa. Non mi sembravano onesti. Non scavavano abbastanza a fondo.

 

È per questo che ha deciso di inserire solamente otto canzoni in Unfurl?
Si tratta di un album breve ma per me completo. Come un pittore che dipinge lo stesso tema più volte, queste otto canzoni sono variazioni dello stesso soggetto. È un collage, una ricerca. A un certo punto ho sentito che bastava così.

 

Per questo progetto lei ha indagato l'incubo e si è dedicato alla meditazione junghiana.
Volevo esplorare nuove sensazioni attraverso la meditazione con il metodo di Jung: un’immaginazione guidata, un dialogo tra conscio e inconscio. Per molto tempo non è successo nulla.

 

E poi?
Quasi per caso, Brad Pitt è venuto a un mio concerto. Ci siamo parlati, e mi ha invitato a scrivere nel suo studio in Francia, il Miraval, dove i Pink Floyd registrarono The Wall. Allora sono andato lì con la mia chitarra.

 

E com'è andata?
C’era una tempesta, sembrava di stare in “La donna che visse due volte” di Hitchcock, sono rimasto chiuso per tre giorni da solo e le canzoni sono venute fuori da sole. È come se tutto quello che avevo cercato negli anni precedenti fosse emerso all’improvviso. In un giorno ho scritto ben tre brani.

 

Nei suoi dischi parla spesso di introspezione e consapevolezza.
Durante la scrittura del disco precedente, Anagnorisis, ho avuto un’esperienza quasi meditativa di dissoluzione del sé, come la sensazione di non esistere. Quella percezione è rimasta. Non mi sono mai ricomposto del tutto dopo. È stato come un viaggio spirituale dal quale non torni uguale.

 

Lei ha vissuto in molti paesi: Israele, Giamaica, Italia, Francia. Dove si sente a casa oggi?
Amo l’idea che casa non sia un luogo fisso. Sono cresciuto spostandomi spesso: ogni volta dovevo imparare una nuova lingua, una nuova cultura. Forse per questo non mi sento legato a una terra. Ora vivo in Francia, con la mia compagna e i nostri animali, ma so che potrei lasciare tutto domani. Per me casa è dove sono presente, dove creo, dove amo.

 

Molte persone la ricordano sul palco di Sanremo nel 2013. Che ricordo ha di quella serata?
È stata una notte speciale. In Italia tutto è successo all’improvviso: prima quasi nessuno mi conosceva, poi la versione remix di Reckoning Song è esplosa. A Sanremo il pubblico mi accolse con una standing ovation e mi chiese di ripetere la canzone. Mi sentivo dentro un sogno e ancora oggi mi sento legato all’Italia: la mia compagna è italiana e torno spesso nelle Marche dove ho vissuto fino a qualche anno fa.

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