
musica
Britpop, ritorno al futuro. Intervista agli Stereophonics
"La reunion degli Oasis riaccende i riflettori su un'intera epoca. Non è solo un'operazione nostalgia, ma un'opportunità per tutti". La versione di Richard Jones, bassista degli Stereophonics, gallesi e testardi, oggi dal vivo all’Ama Music Festival e domani a Roma. Il nuovo album
“La reunion degli Oasis riaccende i riflettori su un’epoca intera. È come se il loro ritorno offrisse un pretesto per riscoprire quel mondo musicale, spingendo le persone a cercare e ascoltare anche altri nomi di quel periodo, come gli Shed Seven o i Bluetones, e a ricordare quanta musica di qualità esisteva e quanto fosse ricca la scena del Britpop”. Le parole di Richard Jones, bassista degli Stereophonics, risuonano come un inatteso ma piacevole segnale. Il Britpop, movimento musicale che ha infiammato gli anni Novanta, non è mai morto. Al massimo è rimasto in letargo, pronto a rialzarsi con la stessa aria sfacciata di sempre. E il ritorno dei fratelli Gallagher ne è la prova. Quando si pensa al rock e al pop britannico, la mente vola subito a loro, ai Blur, ai Pulp, ai Verve. Ma c'è una band che ha saputo guadagnarsi un angolo ben difeso, mescolando muscoli rock e malinconie di provincia: gli Stereophonics, gallesi e testardi. Dal 1992 a oggi hanno costruito una discografia che profuma di maratona. Album come Word Gets Around (1997), Performance and Cocktails (1999) e Language. Sex. Violence. Other? (2005) sono pietre miliari che li hanno consacrati senza bisogno di sceneggiate e battibecchi tra fratelli.
Ora il gruppo torna con il tredicesimo album, titolo chilometrico e programmatico: Make ‘em Laugh, Make ‘em Cry, Make ‘em Wait. Una dichiarazione d’intenti contro la moda dei dischi infiniti, quelli che ti lasciano esausto prima della metà. “Abbiamo voluto creare qualcosa di più immediato, un disco breve, non lontano da quelli delle band degli anni Settanta”, racconta Jones. Otto canzoni secche per “invogliare la gente ad ascoltarle più volte senza annoiarsi”. Un atto di fiducia nel pubblico, e un richiamo a quando gli LP stavano in una mano e non in un cloud.
L’identità sonora resta ferma, con qualche ruga ma ben portata. “Dopo quasi trent'anni, il sound della band suona ancora come noi: siamo sempre gli stessi. La voce di Kelly è inconfondibile”, dice il bassista. Eppure non mancano aggiornamenti: “Abbiamo reso il suono un po' più moderno con canzoni come Seems Like You Don’t Know Me e Backroom Boys”, spiega, ammettendo di non disdegnare la tecnologia quando serve a lucidare il risultato.
Ma il percorso artistico degli Stereophonics non è stato certo privo di terremoti. Il più grande, senza dubbio, è stata la morte nel 2010 del batterista Stuart Cable, anima originaria del gruppo. “Da quel momento le cose sono cambiate”, ammette Jones, “ma è proprio questo il senso di una band: mostrare alla gente che possiamo evolverci”. La musica degli Stereophonics è un organismo vivente e la perdita di un membro non ha fatto altro che stimolare un ulteriore processo di trasformazione. Questa stessa capacità di adattamento si riflette anche nelle scelte artistiche.
E così stasera saranno sul palco dell’AMA Music Festival a Romano D’Ezzelino, in Veneto, insieme ai Franz Ferdinand; domani, 29 agosto, toccherà a Roma, all’Auditorium Parco della Musica. Per l’ingresso hanno scelto di farsi precedere da una chicca: il tema de I Guerrieri della Notte. “Quando eravamo a scuola io e Kelly imitavamo le scene del film, un cult della nostra infanzia”, ride Jones. Una scelta che li accomuna ad altre band con vezzi cinefili: i Coldplay che aprono con E.T., i Metallica con Morricone.
La forza degli Stereophonics è proprio questa: onorare le radici senza restare inchiodati al passato. Si sente in pezzi come Have a Nice Day, Maybe Tomorrow, Dakota: brani che uniscono melodie radiofoniche e echi di Beatles e Led Zeppelin. Non è nostalgia sterile, ma capacità di incorporare memorie e rinnovarle. E forse è per questo che Jones saluta con favore la reunion degli Oasis come occasione collettiva. “Non è solo un'operazione nostalgia, ma un'opportunità per tutti”. Anche per ricordare che i Novanta, sotto le felpe Adidas e i tagli a scodella, avevano soprattutto un suono.

25 agosto 1975/2025