foto di Eric Meola

25 agosto 1975/2025

L'album che ha salvato Bruce Springsteen. I 50 anni di "Born to Run"

Raffaele Rossi

Il 25 agosto 1975 usciva il terzo album del Boss, punto di svolta commerciale della sua carriera. Il promoter Claudio Trotta: “C’è dentro tutta la sua poetica e umanità. Esprime a tutto tondo l'essenza del rock”

“Sono circa 40 minuti di canzoni che sono piccoli cortometraggi, dove dentro c’è tutta la poetica di Bruce Springsteen e la sua sensibilità verso l’umanità che lo circonda. Su un piano universale Born to Run esprime a tutto tondo l’essenza del rock and roll. Ci sono melodie trascinanti, epiche. C’è la malinconia, la verità, la vita reale delle persone. C’è il sogno, la ribellione, la ricerca della libertà, la speranza e una scrittura cinematografica che lo ha caratterizzato come autore”. Con queste parole Claudio Trotta, produttore di spettacoli dal vivo e dal 1999 organizzatore degli show del Boss in Italia, racconta al Foglio il significato di un disco che, a 50 anni dalla sua uscita, risuona con la stessa, travolgente urgenza del 1975.

Nato in un'America segnata dalla guerra in Vietnam, dallo scandalo Watergate e da una profonda crisi economica, "Born to Run" non fu solo un successo commerciale, ma il vero punto di svolta che ha lanciato la carriera di Springsteen. “È un fatto risaputo che nonostante la notevole qualità compositiva dei primi due album, il riscontro di vendite non avrebbe all’epoca garantito le attenzioni mediatiche necessarie per il proseguimento della carriera. Born to Run ha cambiato lo scenario in maniera totale”, afferma il fondatore di Barley Arts. L'album, coprodotto da Springsteen con il suo manager Mike Appel e il produttore Jon Landau, segnò il tentativo del cantautore di sfondare nel mainstream. E ci riuscì. Sebbene i primi due album del 1973, Greetings from Asbury Park, NJ e The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle, furono accolti positivamente dalla critica, non ottennero il successo commerciale sperato.

 

Claudio Trotta e Bruce Springsteen nel 2006 
     

La gestazione di Born to Run fu lunga e tormentata. Le sessioni durarono dal gennaio 1974 al luglio 1975. Springsteen, ossessionato dalla ricerca del suono perfetto, lavorò al brano che dà il titolo all'album per oltre sei mesi. Per questo, si chiuse in studio per quasi un anno intero, fino a quando, il 25 agosto 1975, il disco fu finalmente pronto. Il successo fu immediato, merito anche della copertina iconica che mostrava Springsteen appoggiato alla spalla del sassofonista della E Street Band Clarence Clemons. Lo scatto di Eric Meola e altre sue fotografie saranno in mostra presso la Rechnitz Hall DiMattio Gallery della Monmouth University, a West Long Branch nel New Jersey, dal 5 settembre al 18 dicembre 2025. Intanto, per i 50 anni dell’album, Sony Music pubblica per la prima volta in streaming e in download Lonely Night in the Park, un outtake in studio delle sessioni del 1975.

  

   

Nel disco le storie della classe operaia sono elevate a una dimensione epica e quasi mitologica, in un'epoca in cui il sogno americano si stava già sgretolando. I personaggi che abitano l'album sono dei perdenti romantici che cercano un riscatto attraverso l'amore e la ribellione, come il protagonista di Thunder Road. Ma chi sarebbero nel mondo di oggi questi eroi di cui cantava il Boss nel 1975? Secondo il promoter, sono coloro che hanno la forza di “rimanere immuni all'omologazione culturale”. Persone che scelgono di “mantenere la propria indipendenza economica e di pensiero”, a prescindere dal loro status sociale. Born to Run “non ha canzoni secondarie e ti cattura dall’inizio, non ti lascia andare fino alla fine”. Ispirato dai suoni di artisti rock degli anni Cinquanta e Sessanta come Roy Orbison, Beach Boys e Bob Dylan, ogni pezzo, da Thunder Road a Jungleland, è un capolavoro a sé stante.
   
Ma la poetica di Springsteen va ben oltre questo album, come testimonia la devozione del suo pubblico. “Bruce è tuttora il più straordinario performer live di tutti i tempi. Il sorriso stampato in faccia e nell’animo con cui si partecipa e si vive durante e dopo i suoi concerti è il risultato della sua empatia”, spiega Trotta. A ogni concerto, i fan si presentano con cartelli per chiedere i brani meno noti della sua discografia, a dimostrazione di una conoscenza profonda della carriera del Boss. Una devozione alimentata dalla capacità di Springsteen di far sentire il pubblico parte di qualcosa di più grande, quasi una comunità spirituale.

 
“Born in the U.S.A. parlava di essere in un posto, Born to Run parlava di cercarlo”, disse una volta lo stesso Springsteen. A fargli eco è oggi lo stesso Trotta con una riflessione che sembra un'elegia: “Amo pensare che non lo abbia ancora trovato quel posto e che la sua ricerca sia tuttora in corso”. Perché in fondo, la vera essenza di Bruce Springsteen non è arrivare alla meta, ma il viaggio. E in questo viaggio, lungo cinquant'anni, Born to Run resta la stella polare da seguire.