
Foto di Michelle Pitiris
intervista
Quando il rock era un Impero. I Jet di Nic Cester: "Siamo stati l'ultima band a guadagnare bene"
I vent'anni del disco d'esordio “Get Born”, l'amore per l'Italia e i due show italiani con i Black Keys a luglio. “Non scrivo più canzoni come quelle di un tempo. I biglietti svenduti a 10 euro? C'è crisi, la gente non ha soldi per vedere i concerti”
C'era un'epoca in cui l'eco delle chitarre era una forza inarrestabile che smuoveva milioni di persone. Una passione che, come cantavano i Rolling Stones, era solamente rock'n'roll. E piaceva a tutti. Ma i pantaloni a zampa e le Fender Stratocaster non hanno mai abbandonato Nic Cester, cantante della band australiana Jet. Il primo album “Get Born”, uscito nel 2003, ha contribuito a definire l'ultimo periodo d'oro della musica rock, con quasi sette milioni di copie vendute. Il cantante si racconta al Foglio con la lucidità di chi ha vissuto l'apice del music business. Un'industria irrimediabilmente cambiata per stare al passo con i tempi e costretta a salutare festival storici in tutto il mondo. Contraddistinta anche da biglietti svenduti, una realtà ben diversa dall'opulenza di vent'anni fa. Eppure, proprio da questa disamina, emerge non una lamentela, ma la consapevolezza che il rock'n'roll, quello autentico e suonato col cuore, può ancora trovare la sua strada. Al di là delle classifiche. “Non riesco a immaginare quanto sia difficile iniziare ora una carriera nell'industria musicale – ci dice Nic Cester – io sono stato molto fortunato dal punto di vista finanziario. I Jet sono stati davvero l'ultima generazione di musicisti a guadagnare bene”.
Crede che oggi sia replicabile un successo come quello di “Get born”?
Oggi c'è un problema a vendere gli album ma anche i biglietti degli show. E bisogna pensare ai tecnici, cosa fanno loro quando non ci sono i concerti? Almeno io posso nascondermi in uno studio e iniziare a scrivere di nuovo ma loro no.
Nelle ultime settimane in Italia si è parlato molto dei biglietti dei concerti svenduti a 10 euro per alcuni grandi eventi. Cosa ne pensa?
Credo che queste cose siano sempre legate all'economia e ovviamente alla crisi del costo della vita che si sta verificando ovunque.
Succede anche all'estero?
In Australia molti festival che esistevano da tantissimi anni sono stati chiusi perché non riuscivano più a vendere biglietti. È un peccato che la gente non abbia i soldi per andare a vedere la musica dal vivo perché è qualcosa che, in questi tempi difficili, dona conforto.
Ma chi ve lo ha fatto fare di tornare insieme dopo tutti questi anni?
Ero molto deluso quando ci siamo sciolti. Non pensavo che saremmo tornati indietro ma il catalizzatore è stato il ventennale di “Get Born” e l'inserimento nella Hall of Fame australiana. Erano segni dell'Universo. Ci siamo rivisti e abbiamo lavorato a nuovo materiale per la prima volta.
Crede valga la pena suonare ancora rock'n'roll al giorno d'oggi?
Qualsiasi tipo di musica, se eseguita con il cuore, avrà sempre un valore. Io faccio sempre quello che voglio fare con l'anima e sono felice.
Oggi è cambiato il suo modo di scrivere canzoni?
Forse perché è cambiato il mio rapporto con la musica o con me stesso. Dopo un intervallo così lungo non so scrivere più canzoni come quelle di un tempo. Però non smetto di scrivere e di tanto in tanto viene fuori una canzone perfetta per i Jet.
Non crede che però il ritorno dei Jet possa sembrare solo “un'operazione nostalgia”?
La musica porta con sé sempre ricordi e credo che con essi ci sia inevitabilmente un senso di nostalgia.
Poi ormai lei è per metà italiano.
Ho trascorso 19 anni in Australia e quasi 18 in Italia. È come avere due vite parallele, è molto strano ma allo stesso tempo meraviglioso.
Per questo motivo avete deciso di registrare la cover di “Un'avventura” di Lucio Battisti?
Quando ho sentito quella canzone, nella versione di Wilson Pickett, ho pensato che se mai ci fosse stata una canzone che rappresentasse quello che provo, sarebbe stata proprio quella. Perché è un classico italiano, ma cantato sia in inglese che in italiano.
Qual è stato il suo primo approccio alla musica?
Mio nonno cantava come un jukebox e suonava la fisarmonica. Poi la famiglia di mio padre è italiana ma quella di mia madre è scozzese. Quando ero bambino e andavamo a trovarli, mio zio, che era un fantastico chitarrista, suonava sempre le canzoni di Cat Stevens e dei Beatles.
A proposito di Beatles, qualche anno fa ha suonato nella Jaded Hearts Club insieme a Matthew Bellamy dei Muse, Graham Coxon dei Blur, Miles Kane e altri.
È nata dal puro amore per la musica e per divertimento. Nessuno si preoccupava di suonare davanti a mille persone oppure a un milione.
Nel 2017 invece è uscito il suo primo album solista “Sugar rush”. Ci sarà un seguito?
Negli ultimi tre mesi ho lavorato a nuove canzoni in Australia e ho intenzione di finire un album nei prossimi mesi. Mi ero dimenticato quanto fosse importante per me il progetto della Milano Elettrica.
Proprio con la Milano Elettrica ha da poco suonato a La Prima Estate e tornerà in italia con i Jet il 15 luglio a Romano D'Ezzelino (VI) e il 16 al Rock In Roma in apertura ai Black Keys.
Il primo concerto che abbiamo fatto in America, più di 20 anni fa, è stato con i Black Keys. Quindi ci sarà un vero e proprio ritorno alle origini.