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Talenti da riscoprire
C'è chi ogni tanto riaffiora nell'indie italiano. Come Gianluca De Rubertis
Dopo la parabola de Il Genio, il compositore leccese ha continuato a pubblicare album, passati entrambi completamente sotto silenzio. Ma come lui, sono tanti i talenti che poco a poco spariscono dai radar. D'altronde la musica è una cosa e la vita spesso è un’altra
Qualche nota sulla bella geografia dei cosiddetti “talenti minori”. Che sovente non sono affatto tali. Perché, per fretta o distrazione, ci sono artisti che finisci per perdere di vista, e quando te ne rendi conto ti dispiace e provi a ritrovarne le tracce. Parliamo di musicisti italiani, perlopiù semi-emersi nel panorama nazionale, ma con i quali il primo incontro casuale è stato fecondo di buone emozioni. Qualche esempio? A suo tempo, e parliamo di quasi vent’anni fa, seguimmo con interesse, anche su queste pagine, la breve parabola de Il Genio, un duo di pop elettronico leccese voluto dal musicista e compositore Gianluca De Rubertis, assortito insieme alla vocalist Alessandra Contini (ricordate il tormentone dell’indolenza intitolato “Pop Porno”? E il suo videoclip? Ma soprattutto, vi ricordate ancora di Mtv?).
La storia dura qualche disco, poi il sodalizio si scioglie, perché latitano altri singoli di successo e probabilmente gli intenti divergono. Eppure la concezione proprio del “pop” che citava in quel titolo Gianluca ci aveva affascinato per lucidità e ironia, motivo per cui siamo andati a scoprire che cosa ne fosse del suo successivo percorso musicale, venendo in questo modo a conoscenza del fatto che è proseguito fino oggi, usando il suo nome e cognome, con una produzione cadenzata nel tempo e con collaborazioni interessanti e imprevedibili, come quella con Federico Fiumani/Diaframma per ben due album, e poi con alcuni degli Afterhours, con Dente, Mauro Ermanno Giovanardi, Brunori Sas e addirittura con Amanda Lear.
Negli anni Venti De Rubertis pubblica due album, “La violenza della luce” (2020) e “L’equazione del destino” (2024) passati entrambi completamente sotto silenzio, ma che meritano un ascolto, esemplificando l’evoluzione di Gianluca in formato cantautorale, contraddistinto da una vocalità profonda e baritonale, non lontana da quella di Francesco Bianconi, e con una serie di composizioni complesse, pensose, non immediate, ma comunque mature e facilmente inseribili in una tipica discendenza italiana, che viene giù tanto da Luigi Tenco quanto da Franco Battiato. Tra l’altro De Rubertis denota un apprezzabile gusto nel coverizzare brani altrui di varia estrazione, da Riccardo Cocciante (quell’“Era già tutto previsto” poi resuscitata da Paolo Sorrentino), a Lucio Battisti (“Prigioniero del mondo”), fino a Paul McCartney (“My Valentine”).
Del resto, come lui, sono tanti i talenti che poco a poco spariscono dai radar, perché abbiamo imparato che la musica è una cosa e la vita spesso è un’altra. Ad esempio attendiamo notizie musicali dallo stimabile Andrea Poggio, oppure ci sembra troppo occasionale la produzione di Andrea Laszlo De Simone, però in compenso sappiamo che Giorgio Poi ha un album in uscita proprio in questi giorni (si chiamerà “Schegge”) e l’attendiamo con curiosità, perché i singoli che l’hanno preceduto, in particolare la lussureggiante “Uomini contro insetti”, promettono assai bene. Invece è appena arrivata a sorpresa la nuova uscita di Any Other, al secolo Adele Altro, cantautrice e polistrumentista veronese con un piglio che l’ha sempre spinta a esplorare le scene continentali almeno quanto quelle nostrane. Stavolta pubblica un EP di quattro pezzi, realizzato assieme al suo abituale collaboratore Marco Giudici, presentando, sotto il titolo “Per te, che non ci sarai più”, due brani in italiano, uno in inglese e addirittura uno in giapponese, a ribadire la sua vocazione cosmopolita. Siamo nel territorio di un indie rock delicato, atmosferico, punteggiato da subitanei cambiamenti di umore e di colori. La voce di Adele è ricca di sfumature interpretative, e spesso ci fa pensare, non per assonanza ma per intenzione, a PJ Harvey. Dopo i due album che l’hanno messa sulle mappe musicali – “Tentativo” e “Stillness” – questa nuova, circoscritta proposta sottolinea ancor più chiaramente la sua crescita come interprete, come autrice e come ideatrice di arrangiamenti che la collocano in un riquadro particolare dell’affollato panorama delle voci femminili italiane, a suo modo unica per intensità ed espressività (la splendida “Lazy” ne è un luminoso esempio).
Il succo complessivo del discorso è che, a dispetto dai grandi andamenti mercantili, resiste viva e vegeta un’area della produzione contemporanea italiana che difende e ribadisce la propria indipendenza e la lucidità dei suoi obiettivi. Sarà pur duro sopravvivere facendo il mestiere della musica oggi, seguirne la vocazione, ma tant’è, questo non è mai stato un motivo sufficiente per inaridire le fonti dei suoni liberi. Del resto la musica è prima di tutto roba da giovani, materia loro, e basta ricordarsi come si ragiona a quell’età per mettere in sicurezza questo stato delle cose.