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Non chiamatelo rave. A Tavolaia c'è un pezzo d'oro della cultura underground

Vanni Santoni

Migliaia di persone radunate nel pisano hanno ballato per giorni. Oltre la retorica della pandemia, quel party ha un nome e una storia che lo colloca tra le pagine più importanti della musica elettronica internazionale 

Facciamo prima di tutto un po’ di chiarezza semantica, dato che "rave", lemma che indicava le feste acid house inglesi dei primi anni '90, è ormai una parola svuotata di senso, che per tv e stampa generalista può indicare tutto e il contrario di tutto: dal teknival al concerto di musica elettronica a pagamento, dal festival trance a una festa di compleanno con la musica un po’ alta. La parola corretta, quando si parla di raduni come quello svoltosi a Tavolaia, è free party (festa libera, ma anche festa gratuita), e il genere musicale che li caratterizza è la free tekno, una declinazione mediamente più veloce della techno ma che si distingue da essa anzitutto per la modalità di fruizione: i free party appunto.

 

E parlando di free party, quello di Tavolaia, per quanto spontaneo, non è minimamente qualcosa di casuale, ma si inquadra già alla nascita nella storia di quel movimento che, tra alti e bassi, fa ballare gli europei da più di trent'anni: i muri di casse hanno cominciato ad alzarsi dalla caduta di un altro e meno allegro muro, quello di Berlino, coincidenza non casuale dato che l'apertura delle frontiere è essenziale alla circolazione umana che alimenta le feste libere.

 

Chiunque frequenti l'ambiente dei free party sa che il "rave di Tavolaia" ha un nome – Bordell23 – e che a questo nome corrisponde un'identità specifica che a sua volta lo colloca di diritto, per la qualità dei musicisti coinvolti, per la portata dell'evento, ma soprattutto per i suoi precedenti, nel libro d'oro della musica elettronica underground mondiale. Qualche abitante della provincia di Pisa si è stupito, quando sui social gli è stato fatto notare che alla luce di tutto ciò il Bordell23 poteva essere l'evento culturale più importante mai svoltosi in quel territorio. Il primo Bordell23 ha avuto infatti luogo nel lontano 1998 a Baux-de-Provence, segnando una decisiva alleanza tra crew italiane e francesi, e il nome, in cui la parola francese che designa un gran casino è affiancata dal numero 23, in numerologia caos e libertà, che corrisponde alla messa in simbolo della free tekno come concetto controculturale, è riapparso sulla scena a intervalli irregolari lungo tutti gli anni Zero e fino a oggi: si può ricordare il Bordell23 di Novi Ligure, nel 2008, o quello di Mafalda, in Abruzzo, nel 2016.

 

Né è casuale che il Bordell23 ricompaia adesso: la rete informale, ma attentissima, del movimento free tekno italiano si è mossa con grande responsabilità durante la pandemia, evitando di organizzare e promuovere grandi feste in epoca di contagio (meno attenti alcuni componenti della parte più giovane del movimento francese, che hanno attirato critiche anche interne per averne organizzata una lo scorso capodanno), e decidendo di tornare alla ribalta con un free party di quelle proporzioni solo una volta rientrati in zona bianca e scegliendo deliberatamente un luogo all'aperto (il precedente Bordell23 si era infatti svolto nella classica fabbrica abbandonata): tutti elementi che appaiono del resto logici, di fronte alla capacità organizzativa messa in campo dalle crew italiane e francesi, in grado di montare in poche ore non solo un impianto di potenza ragguardevole, ma anche una piccola città al suo servizio, tra bar, servizi, luci e decorazioni, tra le quali spiccava un grande pannello col volto disegnato di Frikkyo (e la sua frase "First lesson: smile"), pioniere della free tekno italiana da poco scomparso, che continua a vivere oggi in forma di simbolo e al quale era dedicato questo free party che, appunto, non aveva niente, proprio niente, di casuale.

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