"Con Raoul Casadei la Romagna ha avuto il suo De Andrè". Parla il leader degli eXtraliscio

Maurizio Stefanini

Le balere e Sanremo ("Siamo tornai a casa sentendoci vincitori"). Il liscio e la musica balcanica, passando per l'Amazzonia di Fitzcarraldo. La tradizione e la sperimentazione. L'amore per i contrasti, come nella loro "Bianca Luce Nera". Mirco Mariani si racconta e ci regala in esclusiva le immagini della sua mitica collezione di strumenti

Mirco Mariani, classe 1969, cantautore e polistrumentista e compositore, leader degli eXtraliscio: è quello con il barbone che a Sanremo durante il “Medley Rosamunda” a un certo punto si è messo a far girare vorticosamente la chitarra a go go.

 

 

Ma come gli è venuta l’idea? “Ho passato la vita ad andare in vacanza nei paesi dell’Europa dell’Est, dove è normale vedere un batterista che ti fa un intero concerto con un cucchiaio e un coltello. La chitarra che ruota, se vogliamo, è un minimo! Confesso, però, che l’idea la ho presa da ‘Ritorno al Futuro III’ e dagli ZZ Top”. È vero! Gruppo texano che ha fuso il rock con blues, country, musica psichedelica e sintetizzatori, a un certo punto appariva a esibirsi travestito da orchestrina Western. “E a un certi punto facevano ruotare la chitarra. Anzi, facevano ruotare due chitarre acustiche e un tamburo. Ammetto di aver voluto un po’ esagerare. Ho addirittura illuminato la chitarra che girava!”.

 

Il che dà già l’idea di un certo gusto per l’invenzione…”Bianca luce nera” e “Medley Rosamunda”, le due canzoni presentate al Festival di Sanremo, sono state ora incluse nel doppio cd “È bello perdersi Si ballerà finché entra la luce dell’alba”, la cui prima canzone è “La nave sul monte”. Una sorta di biglietto da visita in cui il testo è ispirato al film “Fitzcarraldo”, dove si vede un avventuriero che guida gli indios a far arrampicare appunto una nave su una montagna. Ma la melodia che inizia con una citazione del famoso Coro delle Voci Bulgare. Dai Balcani all’Amazzoni passando per il liscio romagnolo? “Sembra un po’ folle, lo so", risponde Mirco. "Ma io ho iniziato a fare il liscio a 16 anni, come batterista, molto controvoglia, perché da bambino ascoltavo altre cose. Ma poi ho iniziato a fare molti giri, e i paesi dell’Est Europeo sono diventati una mia ossessione. Li ho visitati tante volte, e la cosa che mi ha sconvolto di più musicalmente sono stati proprio i cori bulgari. Fin dalla prima volta che li ho ascoltati, è sempre stato un mio sogno poterci lavorare assieme. Poi c’è di mezzo il cinema. Sono un ragazzo di campagna, e il mio sogno sarebbe stato fare il regista. Mi hanno tutti detto che ero pazzo, che fare il regista non era possibile, e allora ho ripiegato sulla musica, che era più normale. Ma Werner Herzog rimane una delle mie pagine cinematografiche preferite”.  

 

EXtraliscio. Con il fatto che purtroppo subito dopo il vostro passaggio a Sanremo è venuto meno Raoul Casadei, adesso la vostra sembra quasi una investitura di eredità, anche per la presenza nei vostri ranghi di Moreno Conficconi. Il “Moreno il biondo” che era stato braccio destro di Raoul. Ma qual è in realtà il rapporto tra la vostra musica, il liscio e Casadei? “All’origine di tutto", dice Mirco, "è Riccarda Casadei: la figlia di Secondo Casadei, capostipite del clan e autore di ‘Romagna mia’. Ultimamente tra mania dei balli di gruppo e moda de karaoke la balera stava diventando un’altra cosa, e lei ha pensato a qualcosa per rinfrescare la tradizione, incontrandosi perciò con Moreno. Io, appunto, sono partito come batterista di liscio a 16 anni, per poi sviluppare una passione esagerata per i suoni e per la ricerca degli strumenti. Più uno strumento è sconosciuto più mi appassiona, e scoprire sempre nuovi strumenti è diventata una ossessione. Il liscio mi ha dato l’opportunità di applicare questa passione e esperienza di appiccicare suoni a una musica tradizionale dove diventa possibile: la parola Extra è un po’ un salvacondotto. Così è nato un miracolo musicale e umano che mette assieme generazioni diverse”.  

 

Scomponiamo allora queste componenti. Il liscio classico sarebbe polka, mazurka e valzer, ma poi ci è stato messo dentro anche il tango, e voi nel “Medley Rosamunda” ci avete infilato pure “Casatchok”, che sarebbe la “Katjuša” alla base anche di “Fischia il vento”. “Il liscio è inteso come musica di balera. Polka, mazurka e valzer ne sono la base, però ad esempio in questo doppio cd abbiamo inserito una nostra versione di un brano con musica di Secondo Casadei e testo di Raoul Casadei del 1966 che si intitola ‘Mia cara gioventù’ che è a ritmo di shake. Un ritmo americano. Ma dalle Americhe nelle balere già negli anni 50 e 60 sono venuti anche il tango, appunto, e la beguine, e il cha cha cha, e altro. Il liscio nasce da tre balli, ma la balera alla fine è musica da ballo. Un contenitore magico che si può allargare a ripetizione. eXtraliscio riprende questo. Il ritorno alla musica suonata dal vero al posto di basi, karaoke o liscio poppizzato. Secondo me, può essere anche una prima scintilla per rimettere in giro una musica italiana importante. La musica tradizionale romagnola è una musica importante che stava dormendo. Magari avessimo acceso noi una scintilla per risvegliarla".

 

 

Un parallelismo con il boom della Pizzica salentina? “Mi fa piacere questa domanda perché, la Pizzica  non ha mai avuto una industria come la musica romagnola. Diceva Riccarda Casadei, la signora che ha fatto incontrare me e Moreno, che 600 orchestre suonavano la musica di suo padre Secondo. La pizzica non era mai entrata in questo meccanismo qua, quindi è rimasta più legata a certe sonorità ordinarie. Ma non ci sono solo liscio e pizzica in Italia. Vorrei ricordare la musica napoletana nella reinterpretazione di Roberto De Simone. Fausta Vetere, della Nuova Compagnia di Canto Popolare, è nostra amica. Ci ha scritto che aveva fatto il tifo per noi a Sanremo, e che era felicissima di vederci lì perché eravamo gli stessi che aveva visto lei in piazza a Gatteo Mare. E questa è stata una bella cosa. Per noi è un punto di arrivo: portare il liscio ai giovani, come Casadei voleva, e soprattutto portare il liscio alla cultura. Se si va scavare vengono fuori delle melodie incredibili e testi molto belli legati a Raoul Casadei. Secondo me la Romagna con lui ha suo De Andrè. Speriamo di poter contribuire a rilanciare un genere spesso trattato come di serie B”.

 

Nel suo dna c’è anche “Mazapegul”. Gruppo musicale esistito tra 1994 e 1999… “Con bassista Valerio Corzani, poi diventato famoso speaker di Radio 3. La chiamavo Orchestra Spttacolo Mazapegul, perché da romagnolo la lisciaggine la ho sempre avuta nel sangue. Cantavamo in romagnolo, ma c’era anche l’influenza  dei miei viaggi nell’Europa dell’Est. Il klezmer, la musica balcanica…”.

 

 

E poi c’è dietro Elisabetta Sgarbi, che a parte fare l’editrice ha pure scritto molti testi ed ha fatto il film “Extraliscio – Punk da Balera”… “Grande intuito di aver pensato a un film su un gruppo sconosciuto, quando ha capito che all’interno di questo gruppo c’erano dei personaggi importanti. Erano gli ultimi testimoni di una musica che stava veramente cadendo nel precipizio, ed ha capito che era l’ultimo momento per prendere questa gente. Il racconto di quelli che negli anni d’oro facevano 250 sere all’anno e veramente suonano fino alla luce dell’alba. Finché si continuava a ballare”.

 

A parte il liscio, poi, c’è la sua enorme collezione di strumenti. Una cosa mitica, a quanto si dice. “Sì, ho un laboratorio abbastanza unico. In Europa siamo due: io e un signore di Vienna, che però fa il magistrato e non il musicista. Io non solo li colleziono, ma li uso. Nel mio laboratorio ho tutti strumenti vecchi, di quelli che se li accendi non danno sempre il 100 per cento. Ma è meglio così. È una scelta di amore e di empatia, che ci fa entrare in simbiosi. C’è uno scambio di energie per cui se quegli strumenti vanno completamente bene un po’ mi dispiace. Ci deve sempre essere qualcosa, un po’ come la Bianca Luce Nera. Un contrasto. Una cosa che la desideri così tanto che c’è tanto amore ma anche tanto dolore. Qualcosa che è sempre in bilico. Ho comprato strumenti per anni, spesso senza sapere neanche cosa facessero di preciso. Molti li ho aggiustati io. Il suono è un miracolo, e mi piace far incontrare suoni che non si erano mai incontrarti, come ho fatti a Sanremo. Il venerdì a Sanremo avrei potuto portare Vinicio Capossela, cn cui ho suonato assieme 25 anni. Ho preferito portare il trautonium: uno strumento bellissimo che in Italia non era mai venuto, e che  tutti dovrebbero conoscere. Il nostro obiettivo a Sanremo era anche quello: far capire che siamo un gruppo di liscio, ma che fa anche molta sperimentazione, soprattutto nella pare sonora”.

 

 

Ma quanti solo in totale questi strumenti? “Non li ho mai contati. In laboratorio ne avrò una sessantina, tutti collegati tra di loro. Poi ho una parte tutta acustica, dove sono clavicembali, celesta, vari pianoforti. E poi ho un corridoio molto grande con le teche dove tengo gli strumenti che magari uso di meno. è da quando ho 16 anni che raccolgo strumenti, però non sono mai riuscito a rivenderne neanche uno. Non ci riesco”.

  

Sanremo è stata comunque un successo per voi… “Dirò la verità, ci eravamo arrivati guardati un po’ di sbieco. Amici giornalisti i avvertivano: siete bravissimi, ma non aspettatevi troppo. Poi giorno dopo giorno sentivamo che le cose cambiavano, e dopo Rosamunda abbiamo capito che la cosa cominciava a riscaldarsi un po’. Alla fine siamo tornai a casa sentendoci vincitori. Siamo riusciti a accendere le luci della balera sul palco della musica popolare italiana più importante, e la cosa più belle è che eravamo rilassati, a differenza di altri cantanti magari molto più famosi di noi. Ma c’era anche il meglio della musica indie italiana, comunque. È stato un Sanremo importante. Secondo me anche Amadeus aveva voglia di fare un Sanremo importante, in un momento così delicato della storia umana”.         

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