Andrea Laszlo De Simone (foto Wikimedia commons) 

cambiare tutto, stando fermi

Andrea Laszlo De Simone canta il mondo senza di noi, vuoto, bellissimo

Simonetta Sciandivasci

L'artista indie ha pubblicato un sito-canzone, dal quale era possibile collegarsi con strade, deserti e spiagge in tutto il mondo, filmati in tempo reale. Mentre “Vivo” suonava in loop 

Cosa non s’è smosso, in quest’anno immobile. Mai avevamo visto succedere così tanto in così poco tempo, mai avevamo sperimentato che la vita è un agguato, e che controllarla è un’utopia distopica, un tentativo inutile. Il grande paradosso di questa pandemia è che mentre continuavamo a dire che eravamo sospesi, che i giorni erano tutti uguali, tutto mutava. Siamo abituati ad associare il cambiamento al movimento e, soprattutto, siamo convinti che senza il nostro intervento le cose appassiscono, marciscono, illanguidiscono. Invece, stavolta, la vita dell’uomo è cambiata mentre l’uomo era in stallo. Di questa rivoluzione non siamo stati gli attori agenti ma gli spettatori, perché questa rivoluzione ha voluto dirci: non siete decisivi. La sera di Capodanno, poco prima di mezzanotte, Andrea Laszlo De Simone, cantautore indie senza telefono (è indie, via), ha pubblicato un sito-canzone, una piattaforma dalla quale era possibile collegarsi con strade, vicoli, deserti, spiagge, decine di posti in tutto il mondo, filmati in tempo reale da altrettante telecamere, mentre “Vivo”, il suo pezzo, suonava, in loop.

 

E così, da casa, più reclusi che mai, mentre aspettavamo d’inaugurare l’anno nuovo, potevamo affacciarci sul pianeta, sui suoi posti che più trascuriamo: le telecamere non erano puntate sulla Tour Eiffel o su Machu Picchu (sempre perché ALDS è indie) ma su posti qualsiasi, di quelli che attraversi guardando in basso con le mani in tasca, dove non succede mai niente perché non c’è niente. Visti da casa, gli angoli anonimi del mondo, le prospettive casello e non Nevskij instillavano quel senso di agguato che altro non è che il senso della vita, quell’attesa di uno sconosciuto, di una catastrofe, di un miracolo, di una risposta, che Buzzati ha raccontato nei suoi libri e che Stephen King mette addosso a una ragazzina che si perde nel bosco in “La bambina che amava Tom Gordon”, un romanzo spaventoso dove non succede niente, c’è solo una bambina che è certa di essere inseguita da un mostro e per questo scappa, si perde, poi si salva e nel fuggire da un agguato che non avviene, da uno sconosciuto che non c’è, impara, cresce di cinque, forse dieci anni in pochi giorni. Com’è successo a noi, che abbiamo accelerato tutti i cambiamenti che avevamo cominciato anni fa, per via di una pandemia che ne ha fatto esplodere la necessità. La vita non ha tempi morti e non ha ritmo. Avevamo dimenticato che la condizione umana è un momento, una parentesi, e De Simone l’ha descritta perfettamente, mettendocela davanti agli occhi, mostrandoci il mondo che va avanti senza di noi, vuoto, bellissimo, pronto.

 

 

“La vita è breve e pure stretta, ma la tua mente è una gran sarta che cuce in fretta il tempo di una sigaretta che fa bene a chi ha la luna maledetta e dalla vita non si aspetta che sia perfetta, si gode quello che gli spetta, perché si muore troppo in fretta”. Una cosa interessante della piattaforma, che è stata online a Capodanno, poi non più fino al 15 gennaio, e adesso è disponibile all’indirizzo vivo2021.tv, è che fa del pianeta la performance di De Simone, forse una delle migliori performance musicali a distanza, senza nemmeno un secondo di cameretta, salone, spettro di Zoom. Una performance che ci dice: è il momento di essere ospiti, insediare senza insidiare, osservare senza colonizzare. Abbiamo creduto che potessimo fare chissà cosa mettendoci il mondo in tasca e invece forse stiamo cominciando a capire che possiamo fare molto di più mettendoci il mondo davanti. Vasco Brondi e Francesca Michielin hanno scritto una canzone insieme, è uscita ieri, si chiama “Cattive stelle” e fa così, a un certo punto: “Io e te sotto cattive stelle bellissime, darò il tuo nome a centinaia di vie, a milioni di viali, a migliaia di fiori, darò i nostri nomi, a centinaia di fiumi, a milioni di uragani, a migliaia di canzoni”. Si può cambiare il nome a tutto, e così cambiare tutto, stando fermi, sotto le stelle. Questi due pezzi sono un Recovery plan, un voto di fiducia che salva un governo, e il sorriso dentro al pianto della nuova canzone di Ornella Vanoni. Ascoltateli, da fermi. Vi cambieranno tutto.

 

  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.