Foto Ansa
Il Foglio della moda
Senza la fiducia di chi compra il valore non esiste
Strategie e qualche dissenso verso “certi brand che sono in realtà società commerciali” di Gian Luca Gessi, riferimento assoluto nel settore a maggiore crescita del momento, il design per il benessere. Oltre a qualche considerazione sul Made in Italy “che va difeso, ma con regole chiare” e una filiera trasparente
“Il Made in Italy va difeso in tutti i modi, insieme con la cultura del bello che ci è propria e che deve calare su tutto il sistema Italia e la filiera che lo sorregge”, dice Gian Luca Gessi dall’altra parte dello schermo del pc. “Però”, aggiunge, “devono esserci protocolli condivisi e regole ben chiare per chi vi accede, per chi fa proprio questo marchio identitario”. Perché anche in termini di riconoscibilità di brand, singolo o collettivo che è appunto il caso del made in Italy, “nessuno ti riconosce il valore a cui aspiri se non godi della sua fiducia. E sappiamo bene che nel racconto che è stato fatto in questi anni, molte cose non erano vere affatto. Molti brand sono in realtà società commerciali”.
Ogni tanto esce dall’inquadratura e un’assistente sposta la telecamera. Una collaboratrice prende appunti: “Prendili anche tu, eh, che devo scappare”, aggiunge osservando il mio schermo che, per ragioni insondabili, invece è nero. Fissare una chiacchierata sul tema del rapporto fra qualità e prezzo e il progressivo spostamento degli acquisti di lusso dalla moda al benessere e alla longevità, tema del momento da quando il nuovo ceo di Kering, Luca De Meo, l’ha fatto oggetto di una partnership con l’Oréal dopo averle venduto Creed, è stata un’impresa.
Gessi produce complementi e strutture per il benessere, è in piena espansione, il fondatore non c’è mai anche se adesso, mentre continua a camminare su e giù per la stanza perché le pratiche della scuola socratica per molti sono indispensabili, osserva che la qualità della vita, in un mondo che invecchia, è l’argomento centrale ma che la longevità non può essere intesa come allungamento dell’esistenza, ma come “viverla nel migliore dei modi”. Che, per tornare alla rotta impressa da De Meo a Kering, non significa moltiplicare i pezzi in guardaroba, ma piuttosto le attività nel mantenimento della salute. Nata come officina specializzata a Serravalle Valsesia, dalle parti dei Loro Piana, in qualche decennio Gessi è diventata membro di Altagamma e simbolo del lusso in un segmento che, in buona sostanza, ha creato: il private wellness. Quando entrate nei bagni o nelle spa di un albergo a cinque stelle o di una casa con pretese, date un’occhiata in giro: nella quasi totalità dei casi, c’è il suo logo, con la grafica che sembra accelerare graficamente, visivamente, come un getto d’acqua, sui rubinetti, i miscelatori, le cabine doccia, e nessuno di questi assomiglia neanche vagamente a quello che è, cioè alla sua funzione. Qualche anno fa, la motivazione di uno dei molti premi che gli hanno attribuito (è anche cavaliere del lavoro, nessuno lo chiama altrimenti che Gian Luca) fu di essere “riuscito a trasformare un prodotto tradizionale a basso contenuto innovativo in un oggetto di arredo sofisticato e di forte design”. Nessuna definizione potrebbe essere più efficace. L’ultima collezione è stata disegnata da Kenzo Kuma, le showroom sparse per il mondo, le Case Gessi, sono luoghi di lavoro, di incontro per migliaia di architetti e progettisti, all’occorrenza di feste epiche. Durante la settimana del design lo spazio eventi di Milano, nei saloni sotterranei che negli anni Sessanta e Settanta ospitavano l’indimenticato cinema Manzoni e che oggi sono allestiti con cascate e piante e un salone che può ospitare fino a trecento persone, la fila per entrare ricorda quella dello Studio 54 degli anni migliori, buttafuori inclusi. Alla scorsa edizione ho desistito, il muro umano era invalicabile. Due anni fa, a Londra, nel palazzetto dell’area della City che accoglie la Casa, la festa di Natale si è spostata in piazza, abbastanza indimenticabile nonostante il freddo. La rubinetteria e gli arredi di metallo per i bagni, in Italia sono nati dalle parti dove oggi Gessi sta trasformando il suo Parco in un grande progetto verde con parco fluviale e aree di benessere che include il recupero dell’area industriale di Gattinara e che sarà pronto fra pochi mesi, ma si tratta di un caso unico: il massimo a cui abbia aspirato fino a oggi la concorrenza è stata la sponsorizzazione di una gara al Golf Club Alpino presieduto da Claudio Marenzi, che sempre include nella targa la definizione di “rubinetteria”, che è cosa bella e utile ma non seducente. La grande intuizione di Gian Luca Gessi è stata quella di non far percepire mai il suo prodotto e le sue linee nella loro funzione precipua, ma di spostarne il senso e la semantica, proponendoli come oggetti di lusso.
La strategia si basa su un approccio complesso solo in apparenza, definito “haute culture” e che include incontri e corsi di aggiornamento in sociologia, architettura, design per i dipendenti; in azienda una parte non irrilevante delle finiture è fatta a mano, il magazzino è non solo automatizzato ma i processi accompagnati da musica e luci stroboscopiche, per i corridoi si gira in bici, utile anche per una passeggiata nel parco. Tutto questo esercizio di pensiero laterale e di cura del territorio e delle persone ha funzionato: l’azienda ha chiuso il 2024 a 260 milioni di fatturato, in crescita dell’8,5 per cento, con un Etibda al venti per cento, mira a raddoppiarli nei prossimi anni, ha in programma una serie di aperture di nuove “case Gessi” nelle zone del lusso, a Parigi in un palazzo con giardino fra Place de l’Etoile e avenue Foch, a Zurigo fra pochi giorni nella galleria che affianca la stazione ferroviaria e che a differenza di molte altre stazioni europee è fra i luoghi più chic della città anche per la vicinanza ai musei. Seguiranno Riyad che, a prescindere dai detrttori delle attività di Matteo Renzi, è la nuova piazza degli investimenti mondiali nel lusso, Istanbul e un numero nutrito di altre città che andranno ad aggiungersi a Londra, New York, Singapore, Dubai. “La convivialità è una parte essenziale del modello di lifestyle che proponiamo”: un percorso che parte dagli spazi condivisi e conduce a quelli individuali, dove il design incontra la sfera più intima del benessere’. Dunque, e per tornare al punto di partenza, “il giusto prezzo non esiste. Esiste invece un bilanciamento continuo, costante, che è frutto di aggiustamenti progressivi” e anche di una semplice constatazione: che nel mondo abbiente e relativamente calmo in cui viviamo, in questo benessere che ci accompagna ormai da quattro generazioni in Italia, molte di più altrove, “tutte le esigenze sono state soddisfatte”: adesso ci sono i desideri, materia dei sogni e come questi inafferrabili. Gli spazi si conquistano con battaglie di posizione e di posizionamento, anche aggressive certamente, ma dev’essere una “campagna di verità. Che si vince quando il percorso che compi, e come lo percorri, ti viene riconosciuto”.
il foglio della moda
Meno donne creative più lauree STEM