
Ansa
Il Foglio della moda - I vanti della moda
Gli inutili orpelli delle sfilate di New York: troppi ricami per coprire l'angoscia
La città minimalista di un tempo si è trasformata in una vetrina rutilante per donne scolpite dalla chirurgia estetica che sembrano indossare body ricamati e bustier tutto il giorno. Dietro l’eccesso di cristalli e paillettes si avverte un’eco dei tempi cupi che stiamo attraversando
Premessa: questo è un articolo per chi di moda sa, e molto, e ne discute tutti i giorni. Neofiti astenersi o leggere accompagnando con ricerche di archivio. Dunque. La fashion week estate 2026 di New York ha mostrato un cambio di stile che ne stravolge l’identità consolidata di “capitale del minimalismo” in favore di un decorativismo debordante, a tratti persino greve. Il motore di ricerca della moda Tagwalk, per esempio, sintetizzando le tendenze in dati numerici chiari e immediati, ha sì registrato l’incremento della sartorialità e dei look lineari, riconducibili a nomi storici come Ralph Lauren e ai più giovani Toteme e Diotima, non a caso entrambi in grande crescita, ma ha anche messo in luce l’esplosione di colori brillanti, di frange, piume, ricami e glitter, segno che il luxury, abbandonata velocemente e senza rimpianti ogni razionale fascinazione “quiet”, punta decisamente ai red carpet e ai party.
Negli Anni Novanta, New York era la vetrina delle tendenze dedicate al city wear essenziale, elegante ma attento alle suggestioni “street”, sintesi delle ambizioni di successo della “working girl” come Melanie Griffith nell’omonima commedia di Mike Nichols del 1988 e della classe ineguagliata di Carolyn Bessette, icona di stile che con l’abito per il matrimonio con John Fitzgerald Kennedy Jr., una sottoveste in seta avorio di Narciso Rodriguez, ha rappresentato per i decenni a seguire lo chic libero da ogni orpello. Questo stile non è del tutto dimenticato (prova ne è l’attesa, velata da qualche dubbio e polemica sulla fedeltà estetica -della serie “American love story” creata da Ryan Murphy e dedicata appunto a Kennedy e Bessette, che sarà diffusa dal prossimo febbraio) ma i nomi che lo hanno rappresentato al meglio e reso internazionale non sfilano più, oppure, come Calvin Klein, Proenza Schouler e 3.1 Phillip Lim, attraversano una fase di riorganizzazione e cambio di direzione artistica. Il calendario delle sfilate si è così riempito di nomi che si qualificano come luxury house, case di moda di lusso, che forse possono contare su una clientela limitata e redditizia (per ora non sembrano mirare a una distribuzione capillare), e di un rilancio mediatico imponente.
Nomi che potete iniziare a tenere a mente, come Christian Siriano, già vincitore dello show Project Runway, Cucculelli & Shaheen, abiti da sera e da sposa, The Blonds di Phillipe e David Blond, creativi e presenze social infaticabili, Nardos, basato a Dallas, Andrew Kwon, Pamella Roland e Jackson Wiederhoeft si autoproclamano “subversive, rebellious, transgressive”, benché non sia chiaro che cosa ci sia di rivoluzionario in un massimalismo di vecchia scuola, opulento ed espresso con silhouette iper classiche che ricordano l’alta moda dei primi anni Novanta, per intendersi, epoca pre-John Galliano, che però era iconoclasta, oltre che colto e virtuoso, mentre la moda che è andata in scena a Manhattan era composta di abiti da sera a colonna con sciarpe svolazzanti, o al contrario smisurati a compensarne l’anacronismo, molti scolli a cuore, macro fantasie floreali e tonnellate, non metaforiche, di ricami. Tanti, troppi i rimandi a couturier storici con un uso del draping e delle stampe che in alcuni casi cita (fra i tanti) Emanuel Ungaro oltre il limite del plagio, ma senza la leggerezza di ispirazione che lo contraddistingueva.
La New York minimalista di un tempo si è trasformata in una vetrina rutilante per donne scolpite dalla chirurgia estetica che sembrano indossare body ricamati e bustier tutto il giorno. Dietro l’eccesso di cristalli e paillettes che rimanda più al burlesque che alla couture si avverte un’eco dei tempi cupi che stiamo attraversando: l’ansia e la paura di un futuro incerto sono letteralmente nascoste sotto strati di decorazioni che però non intercettano il sogno, la ventata di freschezza che scompiglia le carte e della quale la moda oggi avrebbe un disperato bisogno.



Il foglio della moda