
Foto Ansa
Il foglio della moda
Valentina vestita di moda
Rispuntano dagli archivi inesauribili della famiglia Crepax i disegni che raccontano il profondo legame fra la donna più sexy del fumetto italiano e Armani, Ferré, Krizia. E vanno in mostra a Brescia
C’è stato un tempo in cui leggere “Linus” era una silenziosa, ma orgogliosa, dichiarazione di appartenenza. Dilungarsi fra le pagine della testata fondata da Giovanni Gandini, figlio del celebre sarto della Milano Anni Trenta, Remo Gandoni, certificava il riconoscersi parte di un’aristocrazia culturale che su quelle pagine trovava stimoli, alternative, e la rivista si confermava un avamposto di proposte originali e innovative, un rifugio sicuro per chi voleva allontanarsi dal linguaggio mainstream (ma allora, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, nessuno lo avrebbe definito così, semmai “borghese”). Tra la sorpresa di imbattersi nella piccola comunità di adulti in miniatura, gravi come filosofi, che popolava le strisce dei Peanuts e le mode linguistiche che Andrea Pazienza lanciava attraverso le sue storie, ci si poteva deliziare con scritti di penne altissime: due su tutte, quella barocca e avvolgente di Oreste del Buono e quella romanica e lineare di Umberto Eco. Il mensile, poi, custodiva un cuore infuocato e palpitante fatto di femminilità orgogliose. Le femmine di Milo Manara, certamente, ma la seduzione più autentica e sottile riusciva soprattutto a lei, Valentina: sensualità cerebrale e carnale al tempo stesso, erotismo rarefatto ed esplicito, cortocircuito tra lecito e proibito, una continua e intrigante ambiguità che la rendeva semplicemente irresistibile. Il corpo esibito, il caschetto ispirato a Louise Brooks, lo sguardo trasognato: si aveva l’impressione di poterla toccare, che potesse uscire dalle tavole e farsi tridimensionale. Eppure, a disegnarla era un uomo dalla personalità diversissima rispetto alla sua creatura, il milanese Guido Crepax: un paradosso abbastanza frequente in letteratura - dopotutto Salgari ha descritto perfettamente mondi esotici e fantastici senza spostarsi da Torino – e che l’artista ha saputo avverare nel fumetto.
“È vero”, conferma sua figlia, Caterina Crepax: “Mio padre era un uomo molto tenero, riservato, dolcissimo. Era un artista complesso, e spesso non è stato capito. Gli dispiaceva essere più apprezzato per il disegno che per le storie che creava. Va detto che soffriva di horror vacui e riempiva le tavole di dettagli, citazioni, metafore, richiami spesso incomprensibili”. Come è stato crescere con Valentina? Come percepivate la presenza di questa creatura di carta? “Come una presenza molto tangibile. La vedevamo sempre, mio padre disegnava in una stanza del nostro appartamento, e ci ha abituati anche alla naturalezza del suo nudo: eppure, nonostante fossimo negli anni Settanta, la nostra era una famiglia piuttosto pudica. Ma per lui il nudo era un manifesto di espressione, era quasi simbolico, e ha sempre posseduto qualcosa di diverso: altri artisti hanno sempre rappresentato le donne con uno sguardo maschile, con atteggiamenti ammiccanti, espressioni provocanti. Non era il suo caso. E poi ci sentivamo molto coinvolti, quasi delle comparse del fumetto, anche perché lui partiva sempre dalla famiglia per le sue ispirazioni: certo, rileggeva tutto in modo onirico, creativo, ma le case di Valentina erano le nostre case, gli oggetti che la circondano nelle storie erano quelli della nostra quotidianità. Ma, soprattutto, nostra mamma Luisa era una Valentina in carne e ossa: quando la vedevano passeggiare, a Milano, le persone si emozionavano. Era molto elegante, ma timidissima, schiva, dunque molto lontana dalla personalità di Valentina. Ma era anche un po’ esibizionista, e indossava davvero i vestiti che Valentina sfoggia nelle storie: lei e mio padre andavano a comprarli insieme, e mi piace pensare che le regalasse le cose che avrebbe voluto far indossare a Valentina”.
L’anagrafe italiana ha contemplato l’esistenza di una vera Valentina Crepax, l’acuta e spiritosissima giornalista e scrittrice scomparsa cinque anni fa e autrice, tra molte altre cose, di un libro intitolato “Io e l’asino mio. Storie di Crepax raccontate da Valentina”, che in centinaia di migliaia hanno letto con gran godimento, avidi di storie su quanto accadeva nel palazzetto di via Moretto da Brescia dove viveva Franco Crepax, il grande discografico fratello di Guido, e dove si riuniva tutta la famiglia al punto che ancora oggi, quando qualcuno vi vende una soffitta o un appartamento, quel meraviglioso palazzetto Liberty viene definito “villa Crepax”. Caterina sorride: “Mia cugina era lontana mille miglia dalla nostra Valentina! Infatti ha sempre scherzato dicendo che mio padre le aveva rovinato la vita, mettendola nei panni di una donna lontanissima da lei”. Valentina tornerà a guardare gli spettatori con la sua aria assorta e pensosa grazie a quella che viene annunciata come la più ampia e varia antologica sul lavoro del suo creatore. La mostra si intitola “Sogni, Giochi, Valentina. 1953-2003” e si terrà fino al 15 febbraio 2026 al Museo di Santa Giulia di Brescia. Curata da Ilaria Bignotti e Alberto Fiz con la collaborazione di Camilla Remondina, costruisce un percorso filologico attraverso centocinquanta opere (alcune mai esposte prima): disegni, tavole, campagne pubblicitarie, copertine di dischi, addirittura giochi da tavolo, e lettere come quelle che Crepax si scambiava con Federico Fellini o con proprio con Louise Brooks. “È la prima volta”, aggiunge Caterina Crepax, “che una mostra dedicata a mio padre non viene organizzata da me e dai miei fratelli, Giacomo e Antonio, ed è interessante vedere come un occhio esterno interpreti il suo universo. Noi tendevamo a essere particolarmente generosi, a mettere troppe cose. Questa esposizione, invece, è pulita e scientifica”.
Sarà divisa in sette sezioni tematiche. La prima, sulle ispirazioni letterarie e artistiche di Crepax, propone tavole deliziose, come quelle del 1965 in cui Valentina si muove tra gli affreschi di Masolino da Panicale. Una sezione è, diremmo inevitabilmente e doverosamente, dedicata al dialogo con la moda: per decenni Valentina è stata un’icona inossidabile e ha abitato l’immaginario di molti stilisti. Nel 1994 l’artista disegnò “Alla ricerca dei vestiti perduti”, una storia in cui Valentina incontrava Mariuccia Mandelli: pochi mesi dopo, nel febbraio del 1995, Krizia faceva sfilare una collezione di tubini neri e lucidi, aderentissimi, con giochi di bretelle sovrapposte, che sembravano disegnati proprio per Valentina. Caterina Crepax, che si è formata come architetto ma preferisce esprimersi attraverso la moda con la creazione di abiti di carta che sono sculture elaboratissime (fino a due settimane fa, al Museo teatrale della Scala, sono stati esposti i suoi tutù e scarpette in papier, maché o anche no, nell’ambito della mostra “Lo sguardo nascosto” sul rapporto fra balletto, scena e magia teatrale), aggiunge che “quando trovava modelle somiglianti a Valentina, Krizia le ingaggiava immediatamente. La moda è stata un elemento costante nelle storie di mio padre. Nell’esposizione di Brescia sono presenti anche dei disegni molto belli che aveva realizzato per omaggiare i grandi stilisti degli anni Ottanta: c’è Valentina che si aggira in un paesaggio roccioso, e i monti alle sue spalle hanno le sembianze deformate di Giorgio Armani, di Nicola Trussardi, di Gianfranco Ferré citando il monte Rushmore con i volti dei presidenti”. Questa Valentina “tutta occhi come il mare”, come canta Ornella Vanoni, mantiene intatto il suo potere di seduzione e il suo fascino. Come si spiega, Caterina, il motivo la longevità di questo successo? “Pensando al fatto che mio padre ha creato una donna possibile, non un’eroina: Valentina è una donna con tutti i suoi dubbi, pentimenti, pensieri, paure, coraggio. È una donna complessa, come spesso sono le donne”.