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cosa succede ora
Il futuro di Armani è già scritto: nel testamento i partner designati sono stranieri
La Giorgio Armani spa si prepara a cedere il 15 per cento entro 18 mesi per volontà dello stesso stilista. Nel lascito sono indicati i nomi degli storici partner Lvmh, L’Oréal ed EssilorLuxottica: esclusi Elkann e Ferrari, l’ipotesi Ipo resta solo subordinata
Quando, due giorni dopo la scomparsa di Giorgio Armani, commentammo su La7 che sarebbe stato un bene se il governo avesse preso in considerazione l’idea di esercitare la golden power sull’azienda dello stilista che, di fatto, aveva creato il Made in Italy contemporaneo e il sistema del pret-à-porter nazionale, è perché un po’ ci immaginavamo che cosa sarebbe successo e sebbene sia a tutti ben chiaro che al momento non vi sia alcuna possibilità, né politica né finanziaria, perché questo avvenga. La Giorgio Armani spa è di fatto in vendita. La situazione era molto chiara, e lo era certamente anche al signor Armani che, infatti, pur provvedendo larghissimamente alla sua famiglia e in particolare a Leo Dell’Orco, a cui va il 40 per cento della società, sapeva come, per garantirsi un futuro a lungo termine, l’impero che aveva fondato avrebbe avuto bisogno non solo di capitali, ma anche di un occhio gestionale esterno. Lo ha scelto nel segno della continuità, con molta lungimiranza.
Nel testamento sono infatti già indicati i tempi (diciotto mesi al massimo) e i partner ideali ai quali cedere una quota iniziale del 15 per cento, due dei quali sono francesi: Lvmh con cui vi erano stati molti abboccamenti – non è un mistero per nessuno che Bernard Arnault si fosse fatto avanti già molti anni fa - e L’Oréal che è partner e produttore della linea Beauty di Armani da decenni, oltre a essere sostenitore privilegiato delle sfilate e della sponsorizzazione del brand alla Mostra del Cinema di Venezia. Il terzo nome, quello di Essilor Luxottica, premia invece una relazione di affari e di identità di vedute che data ormai quasi mezzo secolo (sì, ne sono passati così tanti), e che è sempre stata rinnovata, dunque non è un caso che il primo commento, pieno di orgoglio e di commozione, alla lettura del testamento di Armani depositato presso lo studio notarile Israel Terrenghi sia arrivato proprio da piazza Cadorna.
Ferrari e la famiglia Elkann non figurano fra i nomi che Armani riteneva ideali per il futuro della sua società, a dispetto dei segnali che qualcuno aveva creduto di cogliere dalla visita di Jaki Elkann alla camera ardente, pochi giorni fa: c’erano state trattative negli anni scorsi, poi evidentemente lasciate cadere nonostante gli ottimi rapporti, anche di lontanissima parentela attraverso la figura del nipote di Armani, Andrea Camerana. E’ opinione comune fra gli analisti della moda che l’opzione dell’Ipo, prefigurata nel testamento a medio-lungo termine e solo dopo l’ingresso di un partner solido, sarà del tutto sussidiaria. La grande lucidità del documento mostra piuttosto la lucidità del signor Armani nell’identificazione di un partner affidabile, cioè liquido. E questo partner, duole dirlo, al momento non può che essere straniero, o un colosso internazionale come Essilor Luxottica.
Per Lvmh o L’Oréal un ingresso al 15 per cento, cioè una spesa pari a circa 1,6 miliardi, sarebbe del tutto ininfluente sulla capitalizzazione: meno dell’1 per cento, e sotto il 20 per cento del free cash flow annuo. Per EssilorLuxottica sarebbe già un po’ più impegnativo, benché ovviamente in linea con le strategie comuni (gli occhiali di Luxottica-Armani, anche da vista, sono una fonte di introiti costante). Per altri gruppi, vedi Prada o Moncler o anche Zegna, acquisire una quota pur minoritaria di Armani, come segnalava un analista di eToro su Adnkronos, sarebbe suggestivo ma troppo impegnativo dal punto di vista finanziario. Dunque, e visto che di cavalieri bianchi istituzionali non si parla e nemmeno se ne vedono in giro, il futuro di Armani è già segnato.


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