
Foto di Jia Ye su Unsplash
I Vanti della moda
Itinerari slow fashion attorno ai nostri archivi: una proposta non modesta
Da Stra a Castrette di Villorba, passando per Turbigo e Biella: località di provincia e sedi di archivi di marchi storici della moda. Un'escursione “fuori porta”
Lontanissime dalle rotte dell’overtourism, località di provincia come Stra, Castrette di Villorba, Turbigo, ma anche città come Biella conservano però tutte un piccolo tesoro, un’eccellenza che le accomuna. Sono tutte, infatti, sedi di archivi di marchi storici della moda. A Stra, il Museo della Calzatura di Villa Foscarini Rossi, creato nel 1993 da Luigino Rossi nella splendida villa secentesca commissionata alla metà del Seicento da Jacopo Foscarini ad architetti come Vincenzo Scamozzi e Francesco Contini, ora parte del gruppo LVMH come il calzaturificio, ma anche l’archivio Benetton, la collezione di calzature di Andrea Pfister, designer geniale e indimenticabile, l’archivio Fila. Tutti, inclusi il celebre archivio di impresa di Max Mara, sono situati nel cuore della provincia produttiva italiana, la culla di quel Made in Italy che vorremmo ci rendesse tuttora famosi nel mondo. Provincia che per di più spesso offre paesaggi favoriti dalla sorte e le immancabili eccellenze enogastronomiche: il nostro legame con il cibo è praticamente un dogma, ma se alla scoperte culinarie si abbinasse la storia della moda e dell’artigianato, si moltiplicherebbero le occasioni per un turismo forse un po’ di nicchia ma gratificante e non scontato.
Coming out doveroso: sono di parte, una archive addicted entusiasta e, malgrado non ami l’uso acritico del vintage come ispirazione e che spesso rappresenta una copiatura pedissequa, penso che gli archivi di moda siano sempre dei tesori di cultura, saper fare e cura.
Per questo, aggiungerei una voce al saggio “Fashion, tourism and global culture” di Jennifer Craik, saggio ormai ultradecennale ma sempre valido dell’accademica australiana, che ha affrontato questo particolare tema identificando dieci tipologie di turismo di moda, ma, stranamente, non la visita agli archivi. Analizza categorie che vanno dagli spostamenti per le mostre alle “spedizioni” per acquistare abiti della tradizione in zone remote o di lusso nelle grandi città: shopping a cui oggi si contrappone come una nemesi l'acquisto compulsivo di prodotti a bassissimo prezzo a completamento delle visite alle città d’arte - una delle conseguenze dell'over tourism - e la relativa proliferazione di negozi di ultra fast fashion nei centri storici. Craik non dedica spazio agli archivi e alle fondazioni di moda, forse perché fuori dall’Italia sono meno diffuse, ma nel nostro paese, valorizzarle per dare attrattività turistica a un luogo sarebbe un’occasione da non mancare.
Se oggi l’esperienza globale e di lifestyle cattura l’interesse delle persone più dei prodotti veri e propri il valore aggiunto dell’una e degli altri aumenta nelle intersezione tra le diverse filiere, moda, arte, artigianato, agroalimentare, sport o benessere che siano.
La connessione tra identità locale ed eccellenza moda nasce nel fascino per gli heritage dei brand e nell’interesse per il processo produttivo di capi e accessori, per i processi di lavorazione e di realizzazione che non a caso spopolano su Instagram e Tik Tok e trasformano l'acquisto in esperienza generando beneficio per tutto il territorio.
Allargando il discorso, o letteralmente, l’itinerario, in questo circuito virtuoso trovano posto anche i musei dedicati alla manifattura (Prato non è soltanto un polo produttivo, il Museo del Tessuto è uno dei più importanti sulla storia della tessitura), luoghi di produzione e laboratori che sono ancora in grado di mostrare tecniche di lavorazione artigianali e speciali.
D’altronde, se Murano ha costruito un business non solo sulla vendita di oggetti di vetro ma anche sulle visite alle fucine non è fuori luogo pensare di inserire la visita a un ricamificio o a una realtà come la Fondazione Lisio di Ponte a Ema (tessitura di altissima qualità di velluti, jacquard e broccati su antichi telai manuali) tra un appuntamento all'archivio Prada di Valvigna (un auspicio, questo, per ulteriori aperture ed eventi speciali, da monitorare con attenzione) e la ricerca di piaceri culinari. Slow Fashion tourism: non un’idea last minute per agosto, piuttosto un piacere “fuori stagione”, con temperature consone all’appagamento intellettuale, paesaggi non accecanti e prodotti locali stagionali.
L’escursione “fuori porta” a tema moda fortunatamente non deve avere come sola destinazione i soli outlet più o meno luxury, e non è fuori luogo immaginare future sinergie di territorio: archivi, imprese e fondazioni, non più soltanto singoli brand che hanno capito prima di altri l'importanza della documentazione storica del proprio lavoro ma distretti per la promozione di intere aree nelle quali si è sviluppata la capacità di fare bene le cose.
In Emilia Romagna, per esempio, regione da sempre attenta alla promozione turistica il cluster (anzi, Clust-ER) Create-Creatività e Cultura - associazione di imprese, fondazioni, associazioni per il rafforzamento del sistema produttivo - indica nella propria value chain settori strategici come moda, cultura digitale, nuovi sistemi di impresa e ovviamente il turismo: le basi ci sono, dunque, in questa come in molte altre regioni, ma è necessario connetterle, “unire i puntini” con un po’ di originalità, anche a partire da archivi ancora ignoti e preziosi.

Il Foglio della moda