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I vanti della moda

Baby Attack: la carica dei designer quattrenni con mamme al seguito

Claudia Vanti

Ago, t-shirt e social media trasformano i bambini in piccoli designer sotto lo sguardo attento dei genitori. Il gioco creativo lascia spazio a strategie d'immagine e visibilità online

“Gira la moda” è il nome di un gioco molto popolare degli anni Ottanta e Novanta con il quale le bambine, attraverso una serie di cerchi concentrici, sceglievano volti, top, gonne, pantaloni e accessori da fissare su carta, costruendo così collezioni immaginarie. Ora che l’espressione diventata sinonimo del turnover dei designer e, a seguito degli stessi, del trasferimento degli stili da un brand all'altro, i bambini – più delle bambine, almeno per ora - con la moda giocano attraverso profili social molto seguiti. Il primo baby designer con fama di webstar è Max Alexander, il cui profilo couture.to.the.max è seguito innanzitutto da mamma Sherri Madison, l’artista del cut out: Max è presentato come un prodigio naturale che dall’età di quattro anni, durante la pandemia (è nato a Los Angeles nel 2016) ha iniziato ad accostare tessuti e a domandare come cucirli. Da qui le lezioni con due sarte e poi via verso una prima serie di creazioni per una sfilata nel giardino di casa e a seguire la celebrità con un look per Sharon Stone. Oggi Max, o meglio la mamma, annuncia una collaborazione con Fern Mallis, la madrina della moda di New York, ex direttrice del Council of Fashion Designers of America (CFDA), una formazione per la quale si raccomanda di stare collegati, “Stay tuned”. Senza nulla togliere alle aspirazioni e ai sogni di Max (meglio se tralasciando la parte nella quale si proclama la reincarnazione di Guccio Gucci), è evidente che di questa generazione di infanti prodigio non si sentisse il bisogno. Il “wunderkind”, modello Wolfgang Amadé Mozart,  è un ulteriore e non necessario argomento social di intrattenimento e di distrazione in uno storytelling della moda che vira sempre di più verso la voce “curiosità e costume”.


Ma siccome il fascino del genio in erba è evidentemente una miccia irresistibile per i media, a Max si è ora aggiunto Dylan (il cognome non è noto, a protezione della sua privacy, per quanto si conosca la mamma, la celebrity stylist Samantha McMillen), undici anni, fondatore del Dylan’s T-shirt Club, nome che raggruppa le t-shirt dipinte a mano e regalate a una fan base di sostenitori che conta nomi come Pierpaolo Piccioli, Pharrell Williams ed Elle Fanning, cioè i clienti di mamma. Il suo profilo ricorda che “Dylan ha disegnato la sua prima t shirt nel 2019”, in pratica quando gli altri bambini imparano a tenere una matita in mano. L’operazione al momento è senza fini di lucro, salvo sporadiche collaborazioni come quella con il negozio Woven di Durham, UK. In compenso, in tutti questi casi, le esposizioni sui social sono massicce – Dylan è fotografato fra pile di t shirt e dice di sognare collaborazioni con Supreme, Lego (è pur sempre un undicenne) e Billie Eilish – e dunque la narrazione del “gioco spontaneo” assume un tono stridente. 


I disegni delle t-shirt, e le frasi con calligrafia un po’ incerta, sono buffi, naif, divertenti e teneri per la creatività libera da schemi come i disegni di tanti altri bambini: una tendenza social molto forte punta infatti da tempo sulla traduzione (fai da te o commerciale) degli “scarabocchi” infantili di mostri e animali in morbidi pupazzi. L’enfant prodige suscita curiosità e ammirazione (i talenti fuori scala sono sempre esistiti in campo artistico e scientifico) ma qui il gioco cede il passo a una copertura mediatica con un retrogusto amaro: malgrado le rassicurazioni delle mamme su come i loro pargoli siano bambini normali che, in giornate infinite o con l’ausilio di staff invisibili, trovano il tempo anche per giocare con gli amici, studiare, praticare tennis e nuoto, leggere fumetti, correre in giardino, addirittura, chissà! sbucciandosi le ginocchia, l’impressione è quella della costruzione di un business futuro o di un contenuto social da monetizzare: Max Alexander nel front row di una sfilata? Perché no? del resto è una piccola celebrity. 


Il cucito, come il lavoro a maglia e il ricamo, sono attività manuali formative e divertenti per bambini e bambine, e solo la loro equiparazione a lavori domestici li ha relegati per tanti anni tra le attività sorpassate quando in realtà prendere in mano un ago è un passatempo che si può trasformare in un’utile abilità, e non è un caso che in molte città comincino a proliferare i laboratori e gli atelier per “piccoli stilisti”.  Peccato soltanto per l’etichetta, “stilisti”, che  fa pensare a dinamiche di lavoro ed esula dalla dimensione del gioco per solleticare l'ambizione a una carriera di successo. Nelle interviste delle mamme di Max e Dylan si sprecano parole come talento innato, abilità fuori dal comune, capacità stupefacenti e come ovvio inesistenti: gli abiti di Max Alexander sono sinceramente e oggettivamente brutti, ma non importa, anzi è giusto così, e il gioco fuori dai social, senza aspettative, è più divertente.

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