Luca Sburlati (Ansa)

l'assemblea

La moda confindustriale si ricompatta

Fabiana Giacomotti

Il nuovo presidente Luca Sburlati guida un nuovo corso proattivo e di concordanza col governo, nonostante la crisi del tessile sembri ancora lunga. Comunque, molta energia 

Un anno e mezzo fa, la scissione del sistema moda guidata da Sergio Tamborini; oggi la riunificazione preannunciata dal nuovo presidente Luca Sburlati. Confindustria Moda, la più importante associazione di categoria per numero di soci e fatturato, cambia guida, i toni si alleggeriscono e, nonostante i volumi del settore in diminuzione, si respira una bella aria; anzi “una bella energia”, che è il mantra di Sburlati, amministratore e socio di minoranza del gruppo Pattern. In occasione dell’assemblea dell’associazione, poche ore fa, a Palazzo Mezzanotte, ha detto le cose che tutti vogliono sentire in questo momento, parlando di “visione industriale ampia, stabile e riconoscibile, che metta il sistema tessile-moda nelle condizioni di essere protagonista del proprio futuro agendo in modo proattivo e non solo reattivo, anche fuori dai confini nazionali”, e alzando così la palla (in questi giorni, le metafore tennistiche sono tornate in auge) al ministro del Made in Italy Adolfo Urso, pronto a ribadire come l’Italia “la fabbrica del lusso” debba salvaguardare la propria filiera e affrontare al contempo “le criticità strutturali del settore, dal rallentamento del mercato del lusso dovuto a scelte strategiche della Cina, al cambiamento di percezione in chiave sostenibile da parte delle nuove generazioni”, rimarcando lo stanziamento di 500 milioni di euro, di cui 250 milioni di dotazione per il credito di imposta sulla ricerca e sviluppo e 250 tra contratti di sviluppo e incentivi alla transizione sostenibile nel tessile.

In questo clima da andate e aggregatevi, Sburlati ribadisce la necessità di “costruire un piano strategico nazionale di lungo periodo, fatto di azioni concrete e condivise, per rafforzare la filiera, sostenere la crescita delle imprese e la loro aggregazione e tutelare il valore del Made in Italy”. Ma soprattutto “ricompattare le forze del settore, fino al commercio”, perché “nessuna trasformazione è possibile senza un'azione congiunta. Non ce lo chiede il Paese, per usare una vecchia locuzione, ma ce lo chiedono certamente i dati di settore. L’analisi congiunturale presentata durante l’assemblea ha evidenziato una diminuzione di fatturato del 6,1 per cento nel 2024, anno concluso per i settori tessile e abbigliamento con 59,8 miliardi di ricavi. Le prospettive non sono migliori per il primo trimestre, mentre la situazione dovrebbe iniziare a migliorare dal trimestre in corso e, per il 43 per cento degli imprenditori intervistati, la ripartenza inizierà nel corso della seconda metà dell’anno, mentre un 32 per cento più pessimista ipotizza un miglioramento non prima di inizio 2026.

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